È difficile immaginare come le malattie che colpiscono gli esseri umani si differenzino a seconda delle epoche storiche. Viene abbastanza spontaneo ipotizzare che regioni geografiche diverse diano luogo a malattie specifiche, come nel caso delle malattie tropicali, ma forse si riflette meno sul fatto che in una stessa regione geografica possano sparire malattie un tempo endemiche e comparirne di nuove, mai viste prima se non in un esiguo numero di casi.
Per millenni la vita di gran parte delle persone in Europa non ha subìto variazioni sostanziali nei ritmi quotidiani. Sveglia al sorgere del sole, lavoro nei campi, pasti frugali con cibi di provenienza locale, carne consumata la domenica o nelle occasioni speciali, che proveniva da animali allevati per lo più nel cortile di casa. In assenza di pestilenze, di invasioni di pirati o mercenari, era persino possibile morire di vecchiaia.
Se considerassimo, a titolo di esempio, il divario fra le abitudini di vita degli antichi romani e quelle degli uomini del Rinascimento, noteremmo certo delle differenze nel modo di cucinare, di vestire, di costruire le armi; ma sarebbero moltissime le somiglianze nel modo di spostarsi, nei ritmi della vita quotidiana o nella qualità dei cibi. Si viaggiava a piedi, a cavallo o in nave, la vita attiva durava dall’alba al tramonto in entrambe le epoche, e il ritmo delle stagioni e la durata delle ore di luce influenzavano in modo diretto lo svolgersi delle attività quotidiane. Il cibo si poteva conservare solo con metodi naturali, quindi si consumavano soprattutto prodotti freschi e di stagione, coltivati senza l’ausilio della chimica, provenienti da aree geografiche limitrofe. Gli stili di vita erano molto simili, e le differenze nelle abitudini non incidevano sul tipo di malattie contratte dalla popolazione. Pertanto, non deve stupire che le malattie più caratteristiche di queste due diverse civiltà fossero, di fatto, le stesse.
Le malattie dell’uomo attuale sono anch’esse legate alle abitudini di vita e di igiene che caratterizzano la civiltà odierna. Il cambiamento nei ritmi e negli stili di vita, soprattutto a partire dalla metà del ’900, è stato talmente rapido e profondo che malattie come la peste, la lebbra e persino la tubercolosi, grande spauracchio ancora agli inizi del secolo scorso, così come ai tempi di Ugo Foscolo, ormai sembrano appartenere a epoche assai remote. Le epidemie infettive sono state soppiantate dai tumori, dall’AIDS e dalle malattie cardiocircolatorie e autoimmuni.
Oggi ci svegliamo in orari che spesso non hanno niente a che fare con l’inizio biologico del giorno. I cicli sonno/veglia sono regolati dalle necessità della produzione economica e industriale, del risparmio energetico (l’ora legale), della scolarizzazione. La maggior parte delle persone lavorano e studiano in ambienti chiusi, dove trascorrono gran parte della giornata. Ci nutriamo di alimenti artificiali di ignota fattura e provenienza; indossiamo abiti sintetici; ci spostiamo a velocità inimmaginabili per la storia dell’umanità, e che siano compatibili con la nostra biologia è tutto da dimostrare; siamo bombardati da una quantità sempre crescente di radiazioni elettromagnetiche che nulla hanno a che vedere con le naturali radiazioni emesse dai corpi celesti e dal nostro pianeta, e a cui eravamo assuefatti da migliaia di anni. L’elenco potrebbe proseguire ancora a lungo, ma è un fatto che, insieme al mutamento di abitudini e stili di vita, sono cambiate anche le malattie cui siamo soggetti più di frequente.
Avete mai avuto modo di osservare la fotografia di una classe scolastica della prima metà del Novecento? Classe numerosa, tutti magri, con i calzoni corti anche d’inverno. Nella vecchia foto non ci sono obesi e tutti respirano col naso a bocca chiusa. La differenza rispetto a oggi è stridente.
Come mai oggi esiste una larga percentuale di bambini sovrappeso o addirittura obesi? Come mai la maggior parte dei bambini oggi, per poter respirare, deve tenere la bocca aperta? Come mai gli studi dei pediatri sono invasi da bambini con l’otite, l’adenoidite, la tonsillite, il raffreddore perenne, i denti storti, il deficit dell’attenzione e l’iperattività, mentre prima tutto questo non esisteva (pediatra compreso)?
Come è possibile che questa nuova tendenza sia vistosamente cresciuta quasi dal nulla a partire dagli anni ’70-80 e che da allora non abbia fatto altro che aumentare, tanto che oggi ci si debba quasi sorprendere nel notare un bambino sfuggito in tutto o in parte a questo destino comune?
Questo libro è dedicato in modo particolare ai genitori e ambisce a spiegar loro come in realtà le malattie, gli squilibri e i disagi appena elencati siano tutti aspetti di un’unica sindrome da disadattamento. Nelle pagine e nei capitoli che seguiranno metteremo a fuoco gli aspetti cruciali che legano fra loro le malattie dell’apparato respiratorio con quelle del metabolismo, dell’apparato digerente e della sfera neurologica e psichica, nonché con il vasto mondo delle allergie e delle intolleranze. Nel corso della trattazione, il centro verso cui convergeranno e da cui si dipartiranno i fili tesi di questa sindrome misconosciuta sarà l’apparato oro-facciale del bambino, la sua bocca spalancata nel tentativo di inseguire quel respiro vitale che è sfuggito alla sua sede propria: il naso.