Con l’allattamento materno accade qualcosa di molto simile a quanto succede con il parto: nonostante sia un modo meraviglioso per nutrire il proprio bambino che offre numerosi vantaggi per la salute della madre e del piccolo, il suo avviamento e la sua prosecuzione sono seriamente minacciati da una serie di protocolli obsoleti e da consigli di presunti esperti in materia che non si fondano su alcuna evidenza scientifica. Benché la maggior parte delle donne in gravidanza esprima il desiderio di allattare il proprio bambino, la percentuale di quelle che prosegue l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi, oppure misto fino al secondo anno di età – come consiglia l’Organizzazione Mondiale della Sanità – è minimo, quasi aneddotico.
E, come accade per il parto, si continua a negare che l’allattamento sia un’esperienza intima e molto sensuale che avviene fra due persone, madre e figlio, e nella quale i sanitari non dovrebbero immischiarsi se non per agevolarla con estrema umiltà e rispetto. Se a questo aggiungiamo l’incommensurabile pressione esercitata con metodi discutibili da parte dell’industria lattea1, per far sì che le mamme diano il biberon ai loro figli, è facile comprendere perché siano così tante le donne che abbandonano l’allattamento al seno nei primi giorni o nelle prime settimane dopo la nascita, convinte di non avere abbastanza latte o che il loro latte sia di scarsa qualità. Molte di loro non sanno che, in realtà, il loro latte è perfetto e che per aumentarne la produzione sarebbe stato sufficiente che all’ospedale le avessero incoraggiate ad allattare il bambino ogni volta che piangeva, dimenticando l’orologio, i succhiotti e i biberon di soluzione glucosata: sarebbe stato sufficiente far sì che la mamma condividesse il suo letto con il bambino e che qualche sanitario avesse controllato che la sua posizione di allattamento fosse corretta.
Invece le numerose pratiche ospedaliere (ritardo della prima poppata, portare il bambino al nido, dargli biberon e succhiotti, ecc.), intralciano l’inizio dell’allattamento. Ne è prova il fatto che sono ancora una minoranza (meno del 10 per cento) i centri spagnoli che hanno ottenuto la certificazione di “Ospedale Amico dei Bambini” rilasciata dall’UNICEF agli istituti in cui si aiutano le madri ad avviare l’allattamento2. In alcuni paesi nordici, al contrario, il 100% degli ospedali ha conseguito la suddetta certificazione (nella tabella 1 a pag. 81 vengono illustrati i passi dell’Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini).