CAPITOLO I

Quello che le donne vogliono

Guarire una sola nascita è guarire il mondo.
Jeannine Parvati Baker1

Quando nasce un bambino, quando una donna diventa madre, avviene qualcosa di speciale, di straordinario: il corpo si intreccia con la mente, il dolore con il piacere, la fatica con l’esaltazione, la razionalità con la fantasia, l’individualità con la collettività. Ogni parto è un evento sacro e strettamente legato alla sessualità, un terreno di libertà e di responsabilità, un momento di massimo potere e di estrema fragilità. Forse è per questo che fa così paura. Forse è per questo che lo si vuole controllare, monitorare, governare, gestire.


La maternità è un momento di profonde trasformazioni fisiche, psichiche ed emotive, divenuto ormai uno spazio angusto abitato da paure e da un ossessivo e crescente interventismo, chimico, chirurgico e psicologico. “La tutela della nascita naturale è fondamentale per la salute e il benessere a lungo termine dell’umanità”2. Il ruolo della cultura, della scienza, della tecnologia e della politica dovrebbe essere quello di proteggere e tutelare la maternità, di infondere nelle donne piena fiducia nella loro competenza di madri, nella capacità di generare e nutrire una vita con le proprie forze. Al contrario, sono divenute elementi contro i quali una donna che vuole vivere appieno la maternità deve lottare. E così, se da un lato le donne hanno faticosamente conquistato il diritto di scegliere quando fare figli, dall’altro hanno paradossalmente perso il loro diritto di decidere come farli nascere. Sono vulnerabili e dubbiose, si affidano a figure professionali “più competenti” di loro abdicando alla loro diversità in nome di una presunta sicurezza, libertà, autonomia, parità. La gravidanza e il parto obbediscono a norme e regole standardizzate che hanno trasferito la nascita dall’intimità delle nostre case agli ospedali, luoghi preposti a curare la patologia, ma dove ai corpi femminili sani non è concesso il tempo per aprirsi naturalmente e dare così alla luce i loro piccoli.


Donne spaesate, stressate, sottopagate, sempre più depresse. Ossessionate dalla bilancia, dalle rughe, dalle lancette dell’orologio, dalla paura di non farcela. Fanno pochi figli e in tarda età. Il cesareo è stato definitivamente sdoganato e i parti naturali sono diventati una rarità: il corpo femminile viene addormentato, tagliato e gestito da altri. In Europa e in Nord America non fa differenza: le donne sono sempre più tristi e arrabbiate. E non c’era bisogno di una ricerca dell’università delle Pennsylvania dal titolo The Paradox of Declining Female Happiness3 (Il paradosso della felicità femminile in declino) per accorgersene. Siamo davvero disposte a pagare a così caro prezzo la “parità” con l’altro sesso? È veramente questo che vogliamo?