CAPITOLO VII

Faq: le domande frequenti sul parto in casa

a cura di Valeria Barchiesi

Reperire informazioni sul parto in casa non sempre è facile. Se l’idea di far nascere il vostro pargolo tra le mura domestiche vi attrae e vi incuriosisce, ma avete dei dubbi, questo è il capitolo che fa per voi.


1. Mi è stato detto che in Olanda e in Inghilterra si può fare il parto in casa perché lì c’è sempre un’autoambulanza parcheggiata sotto casa tutto il tempo.


È vero che in questi Paesi il parto domiciliare è offerto dai servizi sanitari territoriali, ma le ambulanze sostano, come da noi, presso il centro di pronto soccorso locale, in attesa di essere chiamate. Questo, per numerosi motivi di logica organizzazione delle risorse:


a) non migliora la sicurezza del parto: trasportare a domicilio “l’ospedale” o condizioni simil-ospedaliere fa venire meno alcune importanti condizioni su cui si basa la sicurezza del parto in casa;


b) soprattutto per un Paese pragmatico come l’Olanda, attento al costo-efficacia di ogni scelta, un tale inutile dispendio di risorse preziose e operatori specializzati, utilizzando autoambulanze e relative équipe per un lavoro di eterna attesa, non trova alcuna giustificazione a favore della salute pubblica.


2. In quali casi ci si trasferisce in ospedale?


Ovviamente, quando nel parto non fila tutto liscio: se il benessere della mamma o del bimbo desta qualche perplessità, o se il parto non procede bene o con tempi ragionevoli. La condotta dell’ostetrica a casa è sempre più cauta, conservativa e previdente. Mira a prevenire ed evitare ogni problema. Il trasferimento in genere è cautelativo e il più delle volte il parto si risolve felicemente in ospedale dove a volte basta solo un po’ di ossitocina per ripartire bene. L’ostetrica è comunque in grado di fornire la prima assistenza in caso di urgenza, sia al bambino sia alla mamma, con tutte le necessarie soluzioni fisiologiche e naturali, e di somministrare farmaci o liquidi (flebo). Ma queste sono misure eccezionali. Il trasferimento è principalmente precauzionale. L’ostetrica opera per sorvegliare e promuovere la salute e la fisiologia, sostenendo le risorse innate della mamma e del bambino, e operando interventi relazionali o “dolci” laddove sorga la necessità di ristabilire un equilibrio di benessere.


Ogni decisione di partorire in casa comprende per definizione l’eventualità di un trasferimento in ospedale. Proprio per questo le condizioni includono l’accessibilità dell’ospedale, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, “999 su mille”, il motivo del trasferimento non è che sia successo qualcosa… ma al contrario che non succede niente: il travaglio langue. Passano un giorno, due giorni, o più, e il travaglio non progredisce. Oppure il sacco (acque) è rotto da più di un giorno e il travaglio non parte e bisogna stimolarlo (a questo scopo a casa non si possono usare farmaci, ma si possono usare trattamenti non farmacologici come agopuntura, riflessologia, omeopatia, ecc.). Oppure il travaglio procede, ma il bimbo – pur stando benone e forse con il sacco ancora integro – non nasce a causa di un travaglio poco energico. La mancata progressione rappresenta in assoluto il primo motivo di trasferimento in ospedale. E non solo da noi in Italia, ma in tutto il mondo, secondo quanto riportato dalle ostetriche nei forum internazionali. Ed è con questa evenienza che le mamme dovrebbero soprattutto confrontarsi, perché quasi sempre legata a un difetto di chiarezza nella scelta del parto in casa: un mancato equilibrio, emozionale o ambientale. Ad esempio: un ambiente disturbato da troppe presenze, troppe distrazioni, un compagno che non condivide serenamente la scelta, l’inibizione che i vicini possano sentire, il non sentirsi “al sicuro”, la non accettazione del dolore del parto, oppure una scelta di parto in casa fatta per moda, perché sembra più dolce, per sfuggire alla sgradevolezza dell’ospedale, e non per un vero bisogno profondo. Per ridurre questo rischio, va fatta un’accurata elaborazione durante la gravidanza, anche assieme all’ostetrica, circa la sicurezza e le motivazioni di questa scelta. Fondamentale è anche una strategia efficace per garantire l’intimità attorno alla nascita e nei giorni seguenti, un “sistema di sostegno” che fornisca aiuto, senza invasioni.


Com’è ovvio, la mancata progressione non è un trasferimento di emergenza. Le contrazioni ormai sono scarse. C’è tutto il tempo di preparare per bene la borsa, lasciare il cibo per il gatto, farsi una doccia e pettinarsi, e anche mettere degli orecchini e un vestito carino. Non è obbligatorio andare all’ospedale più vicino, come nel trasferimento d’urgenza. Si può scegliere il posto più gradito anche se un po’ più distante. In questo caso, l’intervento più probabile in ospedale sarà riattivare le contrazioni con una flebo di ossitocina.


Il trasferimento è uno degli argomenti di scambio con l’ostetrica, che ti chiederà di firmare un consenso in caso di necessità.


3. Per la preparazione del parto in casa, dovrò disinfettare a fondo la casa? E se ho un cane o un gatto, dovrò allontanarli?


Il parto stesso non è affatto una funzione sterile. È vero che il bimbo proviene da un ambiente sterile, ma inizia a confrontarsi con l’ambiente batterico esterno sin dal suo passaggio attraverso il canale del parto. Per proteggere il bambino, è prioritario che i germi con cui entra in contatto, soprattutto nei primi 120 minuti di vita, siano germi amici, cioè già conosciuti e codificati dal suo sistema immunitario tramite gli anticorpi trasmessi dalla mamma per via placentare durante la vita uterina. Vige il detto “ogni famiglia è immune alla propria zozzeria”. In questo momento, cioè, il bambino è protetto da tutti i germi che la mamma conosce: quelli normali di casa, quelli del papà. Il cane di casa gli è immunologicamente più familiare dell’ostetrica!


Quindi, fate una buona ‘pulizia di Pasqua’ della casa nei giorni prima del parto: più che un consiglio è la classica espressione dell’irrefrenabile smania di nidificazione che coglie le femmine di ogni specie prima dell’arrivo dei piccoli. Questa pulizia a fondo ci permetterà poi, dopo il parto, di trascurare la casa per una decina di giorni mentre ci concentriamo sull’avvio dell’allattamento. Uno dei più importanti elementi di sicurezza del parto in casa è proprio quello batteriologico, la protezione dalle “infezioni nosocomiali”: micidiali infezioni nemiche selezionate, coltivate, e rafforzate fino a sopravvivere alle misure di asepsi e sterilizzazione ospedaliere. Le ostetriche quindi tendono a usare il più possibile oggetti e biancheria di casa, per maggiore protezione, limitando al minimo l’introduzione di oggetti esterni.


Per quanto riguarda gli animali, al di fuori del parto stesso, per cui ogni padrone sa quanto il nostro amico è capace di tenere le distanze o aspettare tranquillamente in un’altra stanza, quello che c’è da calcolare piuttosto sono le condizioni di convivenza quotidiana con il bimbo. Fortunato il bimbo che può crescere con un animale per amico!