Verso una riscoperta
Questo rapido excursus nella storia del ventesimo secolo ci offre la possibilità di esplorare in modo insolito la natura umana, ma non solo: ha anche delle implicazioni pratiche su ciò che riguarda la nascita. Ci offre infatti nuove motivazioni per limitare al massimo le interferenze sul processo del parto e nel momento del primo contatto madre-bambino. Ci offre nuove ragioni per migliorare la nostra comprensione dei fattori che possono rendere il parto più facile possibile. In altre parole, ci spinge a riscoprire i bisogni fondamentali della donna durante il travaglio. Si tratta di una vera e propria riscoperta, dal momento che in tutte le società si interferisce regolarmente con i processi fisiologici e che pertanto siamo privi di qualsiasi modello culturale.
Per riuscire a comprendere questi bisogni fondamentali, dobbiamo metterci nella prospettiva dei fisiologi e usare il loro linguaggio. Essi studiano ciò che è trans-culturale, e pertanto universale. Ci aiutano a tornare indietro alle nostre radici. Ci offrono una sorta di punto di riferimento dal quale non possiamo allontanarci troppo senza rischiare di incorrere in effetti collaterali incontrollabili.
Il primo passo da fare è quello di immaginare una donna durante il travaglio con gli occhi del moderno fisiologo. Ciò implica il focalizzare l’attenzione sulla parte più attiva del suo corpo, cioè la ghiandola che secerne tutti gli ormoni coinvolti nel parto. Questi hanno origine in strutture antiche e primitive del cervello, l’ipotalamo e la ghiandola pituitaria. Possiamo anche dire che, se guardiamo una donna in travaglio con gli occhi di un fisiologo moderno, visualizziamo la parte profonda e primitiva del suo cervello, molto impegnata nel rilascio di flussi ormonali.
Oggi sappiamo abbastanza da poter affermare che quando intervengono delle inibizioni – durante il processo del parto o ogni altro tipo di esperienza sessuale – queste hanno origine nel “cervello nuovo”, quella parte del cervello molto sviluppata negli esseri umani, che corrisponde al cervello preposto alle facoltà intellettive. Lo potremmo definire “nuova corteccia”, o, come viene comunemente chiamato, neocorteccia.
Se continuiamo ad osservare il travaglio con gli occhi di un fisiologo, diventa facile interpretare un fenomeno ben noto ad alcune madri e alle ostetriche con esperienza di parti non disturbati. Ci riferiamo al fatto che, quando una donna viene lasciata partorire indisturbata, senza alcun intervento medico, c’è un momento in cui tende ad estraniarsi dal mondo, come se “andasse su un altro pianeta”. Osa fare cose che non farebbe mai nella sua vita sociale quotidiana, come gridare o dire parolacce. Può mettersi nelle posizioni più impensate, ed emettere i rumori più imprevedibili. Ciò significa che sta riducendo il controllo da parte della sua neocorteccia. Questa riduzione dell’attività neocorticale è l’aspetto più importante della fisiologia del parto da un punto di vista pratico. È la chiave per comprendere che il bisogno principale della donna in travaglio è quello di essere protetta da ogni tipo di stimolazione della sua neocorteccia. Cosa significa ciò in pratica?