I bambini arrivano al mondo saggi e pieni di domande. Hanno già superato il passaggio più difficile dell’esistenza e hanno già vissuto assieme ai genitori un’affascinante parte della loro crescita. Questa storia, intrisa di vita e amore, fin dal momento della nascita rivela un mistero irrisolto. Il regalo che riceviamo alla nascita è nientemeno la vita! Non promette nulla, ma mantiene molto, ovvero esattamente ciò che può sviluppare ogni essere umano cucciolo, a modo suo, in cooperazione con gli esseri umani e l’ambiente che lo circondano, continuando ad avere fiducia in se stesso, negli altri e in un mondo che lo sostenga e abbia un senso - condizione questa di cui chiunque ha bisogno come il pane quotidiano e l’ossigeno dell’aria. Perché questo avvenga, deve essere accudito e sostenuto. Questo libro tratta di una particolare forma di sostegno, il “pronto soccorso emozionale”, contraddistinta da una comprensione profonda della prima fase della vita umana, in cui alla nascita si dovrebbe stabilire, e in seguito consolidare, una relazione sicura e amorevole tra figli e genitori. Nella maggior parte dei casi non è chiaro, e ancor meno siamo in grado di percepire, quanto quest’inizio sia unico e decisivo.
Il titolo di un famoso gospel suggerisce cosa intendo, “A volte mi sento come un orfano”. Non si tratta di un pensiero astratto, ma di una realtà vissuta alla nascita che ripetiamo ogni qualvolta entriamo in crisi. La nostra autonomia inizia al momento della nascita con la dissoluzione del legame fisico con la madre, come indica il termine tedesco per parto - Entbindung - che letteralmente significa “uscire dal legame”. Dobbiamo andarcene dal grembo materno, che per nove mesi ci ha fornito tutto il necessario per vivere e svilupparci. Dobbiamo abbandonare ciò a cui ci eravamo affidati completamente, che ci rassicurava e infondeva fiducia. Con il taglio del cordone avviene una separazione che va di pari passo con un invito: d’ora in poi, anche se a volte ci sentiremo disorientati e non sapremo come fare, dovremo badare a noi stessi, contare sulle nostre forze, respirare per conto nostro, prendere in mano le redini della nostra vita in prima persona, con tutto il nostro corpo e i nostri sensi. Per un istante, dopo nove mesi di intimissimo abbraccio uterino, restiamo “orfani”, separati dall’unità che dà la vita. Dobbiamo fare affidamento su di noi, con il corpo, lo spirito e l’anima, con tutto ciò che abbiamo, e sperimentiamo per la prima volta che vivere vuol dire assumersi la responsabilità di se stessi. Il senso di separazione e di abbandono è doloroso, fin dentro a ogni singola cellula, e con il primo vagito il neonato umano esprime la sua paura terrificante.
Il momento in cui, per la prima volta, ci sentiamo “orfani” per fortuna di solito è molto breve, dato che subito dopo, a contatto con la mamma, con il papà, eventualmente con l’ostetrica o il medico, ritroviamo quella relativa sicurezza che nasce dal sentirsi accolti e attesi, e dal trovare anche nella nuova situazione braccia che ci contengono e ci proteggono amorevolmente, il nutrimento che ci serve, un indispensabile tetto sulla testa, una comunità umana senza la quale non sarebbe immaginabile un futuro personale. Dal primo all’ultimo respiro ci accompagna la paura di essere abbandonati, di non trovare il necessario per vivere, di essere esclusi da un’unità (per esempio, l’unione con la madre o con i genitori).
Quando, al primo vagito carico di spavento, segue un lungo pianto, allora è la vita stessa in pericolo: quella del bambino, così come quella dei genitori. L’autore non si limita a parlare di questo “dramma”, ma con competenza, empatia e grande esperienza professionale propone un approccio che scaturisce da una profonda comprensione e da un palpitante amore per gli esseri umani di ogni età. Questo libro è dedicato ai “bambini di domani”, quelli che nascendo continuano a portare nel mondo speranza in una possibile evoluzione dell’umanità, come scrive Wilhelm Reich in L’assassinio di Cristo. Spero che questo libro raggiunga i genitori e chiunque sia interessato a una cultura che sostenga lo sviluppo e la crescita del bambino. Ci riguarda tutti.
Prof.ssa Annelie Keil