seconda parte - Capitolo vii

Trauma e legame

Finora ho semplificato, riferendomi soltanto al coinvolgimento di due sistemi di regolazione nella relazione tra genitori e bambino: da un lato, uno stato di rilassamento e disponibilità al legame, in cui l’organismo è aperto verso il mondo; dall’altro, uno stato in cui stress, paura e tensione indeboliscono enormemente la capacità di connessione e risonanza. Per essere più precisi, ad essi si aggiunge una terza modalità di regolazione, che ha un ruolo importante nell’accompagnamento di genitori e neonato: lo stress post-traumatico. In tale condizione, estrema da un punto di vista emozionale e fisiologico, l’organismo non è più in grado di connettersi in modo stabile e amorevole ad altre persone. Si tratta di uno stato di forte traumatizzazione, in cui viene persa del tutto la capacità di sintonizzarsi, immedesimarsi e trovare il passo di danza giusto con chi abbiamo di fronte.

Fra trauma e legame

Madre e padre entrano in una reazione traumatica quando le loro risorse e strategie di adattamento non bastano, oppure il carico esterno è così elevato da portare il sistema al collasso. Ecco un esempio dalla pratica clinica:


Alla nascita del primo figlio Sven, la ventottenne Ellen aveva lottato per venti ore con le contrazioni e il dolore, e più volte era arrivata al punto di arrendersi, chiedendo al medico di effettuare un cesareo. Tuttavia si era sempre ripresa, aggrappandosi all’ultima volontà residua per tentare di farcela con le sue forze. Alla fine era riuscita a partorire, ma dopo era talmente sfinita, da non riuscire quasi a percepire il bambino sul suo ventre e godere della sua presenza. Dopo essersi riposata un po’, aveva iniziato ad agitarsi perché il marito e il medico - scomparsi portando via il bambino - non ritornavano. Soltanto due ore più tardi il primario, con espressione seria e preoccupata, era riapparso assieme al marito per comunicarle che il figlio appena nato era in pericolo di vita e doveva restare nel reparto di terapia intensiva neonatale. D’un tratto aveva sentito una fortissima emozione diffondersi nel suo corpo. Avrebbe voluto urlare e precipitarsi a vedere come stava, però - nonostante il suo corpo fosse tutto scosso da quest’impulso - non aveva potuto fare niente. Era rimasta semplicemente nel letto, immobile, sedata, senza alcuna sensazione.


Successivamente, nel corso di una sessione terapeutica, Ellen raccontò: “Quando il medico mi rivolse la parola, rimasi indifferente. Certo, sentivo le sue parole, ma non capivo cosa mi volesse spiegare. Ero come avvolta dall’ovatta, catapultata in un mondo lontano, dove le cose terribili che stavano succedendo non mi raggiungevano più.”