La paura è una strega:ci rinchiude in una gabbia, mette la chiave nella nostra tasca, e crea l’illusione di averci mutilato le braccia1.
Qualche generazione fa la maggior parte delle famiglie era guidata da regole autoritarie e coerenti con la morale e la cultura dominante: il modello patriarcale era esplicito e saldo, il governo della famiglia era solidamente nelle mani del pater familias che dettava le leggi e le faceva rispettare; e a sua volta il capofamiglia si assoggettava alle leggi dello stato o del Re, che erano altrettanto esplicite ed autoritarie.
Questo modello gerarchico governava la libertà degli individui come in una prigione ben organizzata, di cui alcuni avevano le chiavi e decidevano quali porte aprire e quali tenere chiuse.
In meno di mezzo secolo, le cose sono radicalmente cambiate. Al giorno d’oggi ci troviamo in una situazione completamente diversa. Sembra non ci siano più né porte, né chiavi; anzi sembra che persino i muri siano scomparsi, nell’oceano comunicativo virtuale di cui tutti facciamo ormai parte. Eppure i genitori si trovano ugualmente prigionieri di una gabbia di regole non dette, di muri fatti di paure impalpabili, di porte invisibili fatte di disinformazione o assenza di informazioni. Questa gabbia senza chiave mantiene le persone al suo interno non per mezzo di coercizioni, barriere rigide e invalicabili, ma grazie a un’espansione infinita dei confini, come un enorme, labirintico ipermercato sovraccarico di prodotti e di offerte del quale, però, non si riesca a trovare mai l’uscita.
In questa situazione i genitori di oggi si trovano a fare i conti anche con alcune criticità che i propri nonni non hanno dovuto affrontare.