Le interferenze sistematiche a tutti i processi che coinvolgono l’asse della calma e della connessione, orchestrata dall’ossitocina, e in particolare
di quei processi che proteggono la fisiologia del periodo perinatale, sono presenti nella storia umana fin dall’inizio della sua civilizzazione. Ma
solo in tempi recenti gli enormi progressi della medicina e della farmacologia hanno permesso il controllo di questi processi a un livello biologico,
cellulare, espropriando totalmente parto, nascita e allattamento ai loro attori protagonisti: la madre e il bambino. Osserva Odent:
Oggi il numero di madri umane che si affida ai propri ormoni sia per la nascita del bambino che per il secondamento della placenta sta diventando
trascurabile. A un simile punto di svolta nella storia del genere umano, chiunque si interessi al futuro della nostra specie può comprendere
l’importanza di una domanda semplice: “per quanto tempo potrà sopravvivere la specie umana senza amore?”1
Di pari passo, però, sin dagli anni ’70 si è fatta strada una crescente consapevolezza dell’importanza della salute primale e della riappropriazione di
questi processi da parte della madre e del bambino. L’idea di un parto dapprima definito umanizzato, poi senza violenza, poi
attivo e infine indisturbato si è fatta strada, assieme ai concetti di empowerment e di sacralità del processo di formazione
del legame fra la madre e il suo neonato.
Gli esseri umani hanno tutto il potenziale biologico, intellettivo e affettivo per realizzare la pace e la connessione. Ma come creare il ponte, trovare
la strada perché questo potenziale possa venire alla luce, trasformarsi in realtà?