CAPITOLO III

La crisi biosociale della genitorialità

La necessità di un cambiamento nell’uomo non costituisce soltanto un’esigenza etica e religiosa, non è frutto unicamente di un’aspirazione psicologica derivante dalla natura patogena del nostro attuale carattere sociale, ma è anche la condizione per la mera sopravvivenza della specie umana1.


Nell’arco di poche generazioni, quasi tutto ciò che veniva fatto in modo naturale, dalla gravidanza ai primi passi del bambino, è stato profondamente alterato: il parto, la nascita, l’allattamento, l’accudimento notturno e diurno del neonato, l’introduzione ai cibi solidi, tutto avviene in modi e tempi lontanissimi dal continuum biologico per il quale siamo stati modellati.


In nome della sicurezza, della convenienza o del profitto, abbiamo progressivamente medicalizzato i processi biologici, e sostituito sempre più le risorse naturali del corpo e delle azioni con prodotti e tecniche. Tutto questo è stato portato avanti con entusiasmo per le nuove tecnologie e saperi, ma sottovalutando profondamente quanto le nostre pratiche, così mutate, avrebbero inciso sulla salute a lungo termine della specie umana. Oggigiorno tuttavia, con il progresso di nuove discipline scientifiche, cominciamo a renderci conto dell’enorme impatto che queste deviazioni hanno per l’umanità.


Le neuroscienze, che studiano il funzionamento del sistema neuroendocrino-immunitario, hanno potuto osservare gli effetti a lungo termine dei traumi precoci di separazione e le conseguenze di una condizione di stress prolungato nel tempo. Gli studi sul microbioma, cioè l’insieme dei batteri che abitano in simbiosi nel nostro organismo, ci hanno palesato un’enorme complessità e un equilibrio delicato, che le pratiche spinte di igienizzazione e l’uso sconsiderato di antibiotici stanno distruggendo, con conseguenze drammatiche per la salute nostra e dell’intera biosfera. L’epigenetica, che studia come l’ambiente e le esperienze individuali influiscano sull’attività dei nostri geni, ha scoperto che questi fattori possono modulare l’espressione dei nostri geni in modo duraturo, persino tramandandone l’effetto ai discendenti per diverse generazioni.


Tutto questo ci porta a capire che le modifiche nel nostro modo di vivere e di crescere i bambini, che abbiamo compiuto nel corso delle ultime generazioni, allontanandoci dal nostro continuum come mai era successo prima, si stanno delineando come un azzardato esperimento senza precedenti, con conseguenze che vanno ben oltre l’immediato.


In molte parti del mondo ormai abbiamo più generazioni di individui cresciuti in modo distaccato e senza empatia; ciò può portarli a disconnettersi dai loro istinti materni e paterni e possono incontrare difficoltà, come adulti, a decodificare i messaggi non verbali che manda loro il bambino prima di essere capace di esprimersi a parole.


La gente oggigiorno sembra disorientata dal fatto che i bambini si comportino come tali. È un fenomeno comune ricercare, presso persone “esperte”, manuali pratici o anche semplicemente lanciando domande nei social, risposte semplici ad azioni del bambino, come ad esempio: “Perché mio figlio piange?” oppure “Perché non mi guarda negli occhi?”: domande impensabili fino a mezzo secolo fa, in cui tali comportamenti venivano semplicemente visti come il normale modo di essere dei bambini, e accolti tutt’al più con un sorriso o un’alzata di spalle. Si ricercano spiegazioni per decodificare frammenti di complesse comunicazioni preverbali del neonato, che acquistano significato solo se il genitore è sintonizzato sul bambino e capace di contestualizzare il segnale che egli ha lanciato e di inserirlo in una sequenza o in un processo interattivo.


Genitori che hanno perso la capacità di interpretare i segnali del bambino, o ai quali è stato detto che il loro istinto li inganna e li spinge a risposte avventate, che danneggiano la psiche del loro figlio, si trovano così alla fine disorientati e confusi di fronte al pianto e ad altre manifestazioni espressive dei bambini. Ed ecco che presunti esperti si fanno avanti porgendo suggerimenti e metodi basati su costrutti teorici privi di evidenze. Si apre un mercato per prodotti, app e manuali, che interpretano questi segnali secondo chiavi semplificate di lettura, inducendo i genitori a pensare che la vita, le emozioni e i bisogni dei propri figli debbano incasellarsi entro uno schema predefinito. La perdita di competenza dei genitori è funzionale a un sistema che ha bisogno di consumatori compulsivi e facilmente condizionabili. Questo modo di essere è ulteriormente rafforzato proprio dallo stile di accudimento distaccato che viene promosso e legittimato socialmente.