capitolo iv

Super Sayan a scuola:
la logica del Power Up

C’è stato un periodo in cui ero una grande appassionata di Dragon Ball. Passavo l’ora di pranzo sul divano, a gustarmi gli epici 20 minuti di episodio in cui gridavano in continuazione, si picchiavano e non succedeva nulla per almeno altre trenta puntate, quando – finalmente! – il cattivo di turno veniva sconfitto.


Non c’era però liberazione da quel circolo vizioso: sconfitto il primo, cominciava un susseguirsi di mascalzoni sempre più forti a minacciare il pianeta Terra. Così, anche gli eroi si allenavano e diventavano più potenti, in una spirale senza fine che seguiva la logica super eroistica del power up (ovvero: l’innalzamento di livello, di potere, di abilità, presente anche nei videogiochi).


Anche l’istruzione segue il percorso del power up: gli studenti apprendono il combattimento (l’argomento), affrontano il nemico (la verifica) e poi si preparano per un nuovo scontro. E via, via così, per tutti gli anni di studio.

Al fianco dei nostri alunni protagonisti, come in ogni storia che si rispetti, troviamo gli aiutanti: genitori e insegnanti che, come abbiamo visto, hanno il dovere di preparare i ragazzi ad affrontare i “pericoli” che li attendono. Tuttavia, come nei cartoni animati, c’è una riflessione da fare: in Dragon Ball i protagonisti si allenano per diventare sempre più forti. Più forti: non più intelligenti, più abili, più capaci di cavarsela anche con le risorse che hanno a disposizione. Non usano l’astuzia, né applicano conoscenze e abilità acquisite “all’esterno” del proprio allenamento, bensì la pura forza fisica. Allenano, quindi, solo una parte di se stessi.


Similmente, accade nella scuola: il nozionismo sembra fare da padrone nei programmi scolastici, nonostante i tentativi di eliminazione da parte delle Indicazioni Nazionali1 di un apprendimento fine a se stesso e la concentrazione sullo sviluppo delle competenze, portando i ragazzi verso una conoscenza puramente mnemonica. Allena, in conseguenza, solo un lato del loro cervello: quello che deve rispondere a quiz, domande a scelta multipla, test a crocette che non permettono di dimostrare cosa realmente si sa fare, né quali sono le proprie qualità.


È in questo contesto che s’inserisce la polemica sui test INVALSI. Grande incognita per i genitori e motivo di stress e ansia per alunni e insegnanti, al momento la Prova Nazionale risulta essere il cattivo finale dell’intera serie. Sì, più delle interrogazioni, più degli esami di Stato, più di qualsiasi ostacolo gli studenti abbiano mai affrontato.


Il problema vero e proprio? Non l’affidabilità degli INVALSI, quanto il modo in cui essi vengono approcciati.


D’altronde, per ogni cattivo che si rispetti è necessario elaborare una strategia per affrontarlo e allenare non solo il corpo, ma anche la mente.