Alle elementari farmi fare i compiti era un incubo. Mia madre mi chiedeva, a diversi intervalli della giornata:
“Giulia quando fai i compiti?” e la mia risposta, puntuale come un orologio svizzero, era: “Dopo li faccio, mamma”.
Il risultato? Cominciavo a mettermi sui libri verso le nove di sera e fino alle undici ero lì, a lamentarmi sull’inutilità dei compiti per casa, con il mio povero padre che, complice di aver assecondato le mie attività ludiche per tutta la giornata, era condannato a fungere da controllore finché non avessi riempito le pagine di esercizi.
La domanda che mi sono sempre posta non è cambiata nel corso degli anni: a cosa servono i compiti per casa? In teoria a fissare quanto appreso a scuola, ma la maggior parte degli studenti (me compresa) li ha vissuti più come una punizione, un vero e proprio supplizio.