prima parte - capitolo vii

Mi arrendo... che sollievo!

Sono trascorse alcune settimane. Non molte a dire il vero. Ma nel primo periodo successivo alla nascita di un bimbo il tempo scorre in modo strano, diverso dal solito. Arriva sera senza quasi accorgersi che è trascorsa una giornata. Si ha l’impressione di essere state occupatissime, eppure non si è concluso praticamente nulla. Si ha l’impressione di non aver avuto un attimo di tempo, ma non si sa bene cosa ne sia stato di quel tempo. C’è la stanchezza e c’è la gioia. La giornata è scandita da sguardi, sorrisi, abbracci. E le cose più piccole regalano emozioni grandissime. Essere mamma è bellissimo, unico.


Per noi, però, l’allattamento ancora non funziona. Le ragadi sono sempre lì. Le aggiunte di latte artificiale sono sempre più abbondanti. Il tiralatte è sempre più antipatico.


Un altro controllo settimanale del peso, dall’esito infelice, ha scoraggiato il mio tentativo di ridurre l’aggiunta. Le poppate si fanno meno numerose.


E il seno… si ingorga. Di nuovo. Mastite con febbre alta. Secondo giro di antibiotico. Altro latte da gettare via. Altro dolore e altra frustrazione.


E sento che non ce la faccio più. Sento che è una fatica così grande per me, che non voglio più continuare. Sento che non aggiunge niente di bello al mio essere mamma, ma che mi toglie energie fisiche e mentali. Non sono serena, non mi godo il mio bambino come vorrei, continuo a pensare all’allattamento: alle poppate fatte o non fatte, al latte che non c’è, al tiralatte con il suo odioso ronzio, alle ragadi che fanno un male cane, a Bimbo che non cresce bene, alla mastite di nuovo.


E dico basta. Voglio smettere di allattare.

Voglio ascoltare il consiglio di tutti quelli che mi hanno suggerito di smettere e dedicarmi al mio bambino e non pensarci più.


Voglio sentirmi meglio. Voglio tornare serena.

Questo allattamento è una fatica, una sofferenza fisica, un peso. Un peso a tratti insopportabile.


È venerdì quando chiamo il mio medico per chiedergli le pastiglie per “far andare via il latte”. Me ne ha parlato un’amica già diversi giorni fa e nei momenti peggiori (quando le ragadi fanno male, quando ho fuso il motorino del tiralatte, quando mi è scivolato il biberon alle due di notte e si sono sparse schegge di vetro per tutta la cucina, quando ho scoperto di avere di nuovo la febbre, quando al consultorio hanno detto per la terza volta che Bimbo non era cresciuto bene) il pensiero delle pastiglie mi è stato di grande conforto. Pian piano nella mia mente sono diventate una possibilità. Di più, una promessa. Un rimedio magico per spazzare via tutta questa frustrazione.


Dovevo solo decidermi.

È stata la seconda mastite a darmi la spinta decisiva. Buttando via quel pochino di latte recuperato con il tiralatte manuale (dopo la “fusione” di quello a batteria), con il seno che pulsava e il dolore che bloccava i movimenti del braccio, ho deciso.


“Dottore, buongiorno, vorrei la ricetta per le pastiglie che fanno andare via il latte”.

“Venga a prenderla lunedì”.

Lunedì.


Due giorni e sarà finita. E sapete cosa penso? Volete sapere se mi rattrista il pensiero di chiudere il capitolo allattamento? Ebbene: no.


Penso… penso: finalmente! Finalmente. E sento già il sollievo che nasce dal cuore. Come se tirassi il fiato per la prima volta dopo settimane di apnea. Ora non dipenderà più solo da me far crescere la mia creatura. Da me che evidentemente non sono capace, non sono stata capace. Dal mio latte che non c’era, dal mio seno che faceva male.


Che sollievo.