Il ciliegio fiorisce a marzo era solito dire il mio maestro di tai-chi, come a ricordare che c’è un tempo per ogni
cosa. Ed è proprio vero, basta osservare la natura per rendersene conto. Impossibile forzarne i ritmi: ogni fiore sboccia quando per lui il momento è
giunto.
Il pruno è il primo a schiudere i suoi boccioli non appena sente aria di primavera, per l’albicocco bisogna aspettare un po’ di più… Quando ci sono le
condizioni necessarie e sufficienti il frutto matura. Come non si può tirare un fiore per accelerarne la crescita, così un frutto colto prima del tempo
si rivela acerbo. Ci vuole solo la pazienza di aspettare che arrivi il tempo giusto per ogni cosa. Si può solo seminare, annaffiare e aspettare che la
pianta cresca. Possono volerci giorni, mesi o anni, dipende da cosa abbiamo messo nel nostro campo: i ravanelli spuntano in fretta ma per veder crescere
una sequoia o anche solo una quercia occorre molto, molto tempo. Gli alberi si piantano per le generazioni a venire.
Ancora una volta quanto vale per il mondo naturale vale anche per l’essere umano e, in questo caso, per il bambino. Non si possono bruciare o saltare le
tappe. Non si possono forzare gli eventi. Ogni bambino è unico e ha i suoi tempi e i suoi ritmi speciali che vanno colti e rispettati. Se nostro figlio
si rifiuta di restare a dormire al nido o di andare in bicicletta è inutile costringerlo: vuol dire che non è ancora pronto ad affrontare queste
esperienze. Se gli lasceremo il tempo necessario sarà lui stesso a farcene richiesta, se invece insistiamo farà uno sforzo che rischierà di
compromettere la sua futura voglia di lanciarsi in nuove avventure. Chi ha dovuto affrontare difficoltà superiori alle proprie forze in epoche troppo
precoci può prima o poi manifestare un rifiuto a cogliere le sfide che la vita gli offre: è come se la fatica fosse stata così tanta che solo l’idea di
ripetere l’esperienza lo spaventa. In questo modo però si priva di preziose opportunità.
È normale temere una tempesta se non si ha una casa dove rifugiarsi e non si è ancora in grado di proteggersi da soli, mentre diversa è la situazione
quando la tempesta la si osserva dalla propria confortevole dimora o quando ci si è talmente rafforzati da poter vagare anche soli, al buio, in mezzo
alla foresta.
Perché, per l’appunto, c’è un tempo per ogni cosa e ogni cosa va fatta a suo tempo e con la dovuta gradualità. Ma questa legge cosmica fondamentale è
purtroppo oggi sempre più dimenticata e si assiste a una crescente frenesia in tutti i settori, compreso quello terapeutico, dove a volte, anziché
mettersi all’ascolto del paziente e delle sue esigenze, si procede secondo tabelle di marcia prestabilite.
Pensiamo soltanto ai neonati: chi ha la pazienza di aspettare che il cordone ombelicale abbia smesso di pulsare prima di tagliarlo? Eppure oggi si sa
che questa attesa apporta al bambino appena nato numerosi benefici, così come si sta scoprendo che lasciare la placenta attaccata al neonato fino a
quando il cordone non si secca e si stacca da solo (pratica chiamata “Lotus Birth”), è addirittura una sorta di polizza multirischio per il bambino: non
solo lo protegge da una possibile futura anemia, evita infezioni alla cicatrice ombelicale e favorisce l’avvio della respirazione nel migliore dei modi,
ma aiuta il processo di radicamento, l’integrazione dell’esperienza della nascita, offrendo al bambino un senso di completezza e di serenità
ineguagliabile che lo aiuterà ad affrontare i traumi della vita in modo del tutto naturale. È come se si permettesse al neonato di vivere la separazione
solo quando è pronto ad affrontarla: quando il momento giusto per lui è giunto ecco che il bambino può salutare la sua placenta, il suo compagno di
viaggio nei nove mesi della vita intrauterina, e può lasciarla andare senza sofferenza.
Anche nell’ambito dell’alimentazione dei lattanti manca il rispetto dei tempi e dei ritmi individuali: c’è ancora chi li sveglia ogni tre ore per
mangiare o chi li svezza quando scatta l’ora X, secondo schemi che sembrano più prescrizioni farmaceutiche che menù per piccoli commensali. E quanti
sono poi, specie in ambito alternativo, i professionisti della salute che spingono i loro pazienti verso traguardi per i quali non sono ancora pronti,
che li forzano ad accelerare le tappe sostituendosi a loro nel lavoro?
Anche nel settore educativo e scolastico, accelerare i tempi di apprendimento e di sviluppo sembra essere una meta ambita e ricercata. “Sempre di più e
sempre prima” sembra essere il motto di tanti educatori dei nostri giorni. A volte sono i genitori stessi che spingono i figli verso traguardi sempre
più numerosi e anticipati nel tempo: quando sono ancora piccolissimi si premurano di mostrare agli amici le loro conquiste linguistiche spronandoli a
ripetere a comando parole, filastrocche o canzoncine, quando sono più grandi li incitano a ottenere il massimo in competizioni sportive o prove
scolastiche e si sentono delusi se questi non corrispondono alle loro aspettative. A volte sono gli insegnanti che propongono per esempio a bambini
della scuola elementare modalità e linguaggi da scuola media.