Uno dei cardini del metodo Montessori è l’approccio individualizzato al bambino, un approccio su misura: ogni
bambino è diverso dall’altro e ha bisogno di attenzioni individuali. C’è chi è attratto dalle lettere smerigliate e chi dai cubi della torre rosa, chi
ha bisogno di lavorare con l’acqua e chi con la terra… Lo stesso vale per gli adulti che necessitano di una terapia: questa non può essere uguale per
tutti ma dev’essere differenziata a seconda delle caratteristiche di ogni singolo individuo. Dev’essere pluridimensionale e plurisensoriale com’è ogni
essere umano e puntare sugli interessi specifici della persona. Così, per esempio, per uno scrittore le fiabe e la poesia possono essere un ottimo
strumento terapeutico, per un artista può esserlo la pittura e il disegno, per uno sportivo magari le arti marziali… Perlomeno questi strumenti
possono rappresentare il canale privilegiato di comunicazione con il terapeuta, l’aggancio, il punto di partenza da cui poi estendersi e aprirsi ad
altri orizzonti.
Non esiste una sola via per arrivare in cima a una montagna: ce ne sono tante e ognuno ha il diritto di scegliere quella a lui più consona in quel particolare momento della sua vita. Ci sarà chi punta dritto alla vetta arrampicandosi per una parete di sesto grado e chi invece ci arriva lentamente, passo dopo passo, lungo stretti e tortuosi sentieri, o ripidi ghiaioni. Rispettare le scelte di ognuno è segno di maturità e saggezza. Le forzature invece non servono a nulla, né con i bambini né con gli adulti: entrambi crescono e fioriscono solo in un clima di libertà.
Ed ecco, allora, riflettendo su tutto ciò, la grande rivelazione che mi è apparsa improvvisamente chiara: poiché in realtà ognuno di noi si porta dentro un bambino ferito che ha bisogno di essere “normalizzato” ed educato, nel senso etimologico del termine, cioè aiutato a tirar fuori il proprio vero volto, l’approccio Montessori può essere applicato non solo al bambino esteriore ma anche a quello interiore che ogni adulto alberga dentro di sé. Anche il bambino emozionale infatti è un bambino deviato, le cui energie devono essere canalizzate nella giusta direzione, ma per poterlo aiutare è necessario sapere che esiste e guardarlo in faccia, osservarlo con attenzione e con amore. Solo così sarà possibile comprendere il grido della sua anima, cogliere i suoi bisogni più profondi e cercare di curare le sue ferite.
Il bambino emozionale può guarire, ma ha bisogno di un clima di libertà e amore per poterlo fare. È un bambino che fa capricci, che reclama attenzioni costanti, che ha mille pretese: non serve ignorarlo e far finta di niente ma nemmeno punirlo o al contrario ricoprirlo di baci e carezze; ciò che gli occorre è un sincero interesse nei suoi confronti e un accompagnamento amorevole da parte di un adulto-mentore che gli dica: “Non temere, sono qui con te. Insieme si può” e gli offra gli strumenti adeguati per il suo sviluppo, spiegandogliene l’uso, proprio come si fa con i materiali sensoriali. Proprio come il bambino esteriore, anche quello interiore ha bisogno di trovare un ambiente adatto, di sentirsi libero di scegliere ciò da cui si sente attratto, di appagare i desideri della sua anima, di recuperare la motivazione per andare nel mondo, un mondo che invece spesso lo terrorizza e lo spinge a chiudersi in se stesso e nella sua sofferenza.
Credo che applicare l’approccio Montessori anche al lavoro interiore di crescita personale possa rappresentare una grande opportunità e aprire finestre nuove a chi si dedica professionalmente a questo tipo di ricerca e di studio. Non solo quindi una formazione montessoriana per gli operatori e i genitori per prepararli all’“eso-maternage” (cioè all’accoglienza e all’accudimento del bambino) ma anche una sorta di percorso di “endo-maternage” per gli adulti che vogliano mettersi all’ascolto del proprio bambino interiore e trasformarsi in vista dell’incontro con il bambino esterno.
In quest’ottica il metodo Montessori potrebbe essere adatto a preparare il terreno per le coppie che decidono di intraprendere la strada della maternità e della paternità. In tutte le culture esistono cerimonie e rituali per la preparazione al concepimento: presso gli indiani Cherokee i futuri genitori si rivolgono ad anziani esperti con cui intrattengono una serie di colloqui per imparare a purificarsi e ad accogliere, nel migliore dei modi, il bambino che verrà loro dato. Proprio come fa il giardiniere o il contadino che, prima di piantare il seme, pulisce la zolla di terra, eradica le erbacce, zappetta, annaffia…
Chissà, forse è proprio su questa strada nuova e ancora inesplorata che sono chiamata ad avventurarmi, seguendo le orme di Maria…