I miei colleghi medici lo chiamerebbero embrione o feto a seconda dell’epoca gestazionale, con un linguaggio
tanto professionale quanto freddo e anonimo. Io preferisco chiamarlo bambino perché questo è la piccola creatura che cresce nel grembo in attesa di
nascere. Un bambino che sente, che sogna, che prova emozioni, come ormai le ricerche di neurofisiologia hanno ampiamente dimostrato. Un bambino che
tende le orecchie e ascolta, come sostiene Alfred Tomatis, il famoso otorinolaringoiatra francese che ha dedicato gran parte della sua vita e delle
sue ricerche allo studio della percezione sonora in utero e alle implicazioni che questa ha sul vissuto fisico e psichico dell’essere umano.
Nove mesi in Paradiso è il titolo di un suo libro, dedicato alla vita prenatale.
Se tutto va bene, il bambino vive la sua esperienza nell’utero proprio come un soggiorno in Paradiso, in quel giardino dell’Eden da cui lui proviene
e che conosce così bene.
Contenuto e protetto dal morbido abbraccio delle pareti uterine, cullato dalle acque del suo piccolo mare, saldamente ancorato al corpo materno
attraverso il cordone ombelicale e la placenta, vive un’esperienza idilliaca.