Non è facile essere bambini ma neanche genitori o educatori. Perché nessuno ce lo insegna, lo si impara
attraverso la propria esperienza di vita, giorno dopo giorno.
Lo si impara attraverso i propri figli, i propri alunni, la rivisitazione della propria storia di bambini. Eppure, quale mestiere più importante di
questo? Così poco compreso, valutato, apprezzato e nello stesso tempo così essenziale.
La parola educare è molto bella: viene dal latino “educere” che significa “trarre fuori”, portare in superficie ciò che sta dentro,
ciò che è nascosto. Il compito dell’educatore è un po’ come quello dell’ostetrica: aiutare a venire alla luce, a sbocciare, a schiudersi.
Il maestro – diversamente dall’insegnante – non è un tecnico: è un artista che, proprio come Michelangelo, tira fuori un capolavoro da un blocco di
marmo soltanto togliendo ciò che è in più, ciò che è superfluo. Ma c’è una condizione essenziale perché ciò avvenga: il capolavoro racchiuso nella
pietra lo deve prima vedere. L’artista vede ciò che sta dentro alla materia – il marmo o la tela – e lo tira fuori, lo svela al mondo. Rivela ciò che
è invisibile agli occhi altrui.