seconda parte - capitolo xiii

Il “bambino dotato”

Come sarebbe andata se di fronte a voi ci fosse stato un bambino cattivo, rabbioso, brutto, geloso, confuso? Dove sarebbe finito in tal caso tutto il vostro amore? Eppure io ero anche tutto questo. Ciò non vorrà dire, forse, che non io sono stato amato, ma ciò che fingevo di essere? Il bambino educato, coscienzioso, capace di mettersi nei panni degli altri, comprensivo, il bambino comodo, che in fondo non era affatto un bambino? Che cosa ne è stato della mia infanzia? Non ne sono stato forse defraudato? Mai potrò recuperarla. Fin dal principio sono stato un piccolo adulto. E delle mie capacità, non se ne è forse abusato?

Alice Miller

Alice Miller ha coniato il meraviglioso concetto di “bambino dotato1: il bambino che, per assecondare i bisogni dei genitori, rimuove i propri bisogni e si attiva per “compensarne” in qualche modo la perdita. Quello che i genitori non gli danno, non lo utilizza per puntare loro il dito contro, ma per puntarlo contro di sé, additandosi come soggetto non meritevole di amore e attenzione. Un vero e proprio dramma. La colpa, per un bambino, non può mai essere dei genitori, non li si può mettere in discussione, e viene dunque riversata su di sé creando delle conseguenze negative sul suo sviluppo.


Crescere un bambino secondo i dettami della Pedagogia nera, non porterà ad altro se non alla forgiatura di un perfetto “bambino dotato”. Bambino dotato che crescerà e che, seppur inconsapevolmente, rimetterà in atto su di sé e sugli altri tutto quello che in prima persona avrà assorbito durante l’infanzia. Detto in un’ottica diversa: “In larga misura, il modo in cui amate il vostro bambino gli permetterà in futuro di amare e di essere riamato a sua volta”2.