Non siamo più nel nonsenso, mi pare. Siamo, nel modo più evidente, all’uso della fantasia per stabilire un rapporto attivo con il reale. Il mondo
si può guardare a altezza d’uomo, ma anche dall’alto di una nuvola […]. Nella realtà si può entrare dalla porta principale o infilarvisi – è più
divertente – da un finestrino.1
Gianni Rodari
Mi sono sentita divertita e onorata a constatare che nell’anno in cui nascevo, il 1973, Gianni Rodari si esprimeva
concentrando il suo lavoro dedicato all’infanzia su questi concetti: la lettura come strumento di libertà, il libro come intermediario affettuoso,
l’insalata di parole come portata interessante da proporre sulla tavola dell’educazione.
Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie2
costituisce un lavoro di ricerca teorica e pratica che rimane a tutt’oggi uno degli strumenti di riferimento principale per noi “addetti ai lavori di
fiaba”. Attualissime e fresche dopo tanti decenni dalla loro stesura anche le Favole al telefono3, indimenticabili nella prima edizione di Einaudi illustrata da Bruno Munari, dove Gianni raccontava, fra le altre cose, di una giostrina e di un
grattacielo situati nella mia cittadina sul mare adriatico, Cesenatico, che lui aveva visitato spesso. Quelle favole erano doni d’amore fatti alla
figlioletta che trepidava dietro la cornetta a chissàquantimila chilometri di distanza, nel periodo in cui il suo papà ricopriva l’incarico di giornalista
corrispondente dall’Unione Sovietica.