Negli ultimi anni si è andato sempre più diffondendo il ricorso all’analgesia epidurale nel mondo occidentalizzato, accettata ormai come elemento quasi routinario della moderna assistenza al travaglio in molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti. Tuttavia l’epidurale implica rischi seri, e spesso non riconosciuti, oltre a effetti collaterali sia per la madre sia per il bambino, con ripercussioni possibili a lungo termine sull’allattamento e sulla relazione madre-figlio. In questo capitolo saranno illustrati i risultati dell’attuale ricerca medica, utili affinché le donne compiano scelte informate, per sé e per i propri figli, sull’uso dell’epidurale.
Il primo ricorso all’epidurale di cui si abbia menzione risale al 1885, quando un neurologo newyorkese, J. Leonard Corning, iniettò cocaina nella schiena di un paziente affetto da “debolezza spinale e incontinenza seminale”1. Oltre un secolo dopo l’epidurale è diventata il sistema per alleviare il dolore (analgesia) più diffuso nelle sale parto statunitensi. Nell’indagine Listening to Mothers II (pubblicata nel 2006) più dei tre quarti delle donne riferirono di aver ricevuto l’epidurale, compreso il 71 per cento di coloro che avevano partorito per via vaginale2. Nel 2005-2006 il 53,7 per cento delle donne canadesi che avevano avuto un parto vaginale era ricorso all’epidurale, con profonde differenze tra zone e province3, mentre in Inghilterra, negli stessi anni, il 22 per cento in totale di partorienti aveva ricevuto l’epidurale prima o durante il parto4.
Essa consiste nell’iniezione in loco di anestetico (derivato dalla cocaina) nello spazio epidurale – l’area intorno (epi) al rivestimento duro (dura) a protezione del midollo spinale. L’epidurale convenzionale blocca i segnali nervosi, trasmessi sia dai nervi sensori che da quelli motori, non appena fuoriescono dalla spina dorsale. Essa procura un efficace sollievo dal dolore del travaglio (blocco sensoriale) ma rende la paziente impossibilitata a muovere la parte inferiore del corpo a causa del blocco motorio. Nel corso degli ultimi cinque-dieci anni l’epidurale è stata perfezionata riducendo le concentrazioni di anestetico locale, e combinando anestetici locali con oppiacei (farmaci simili a morfina e meperidina) per ridurre il blocco motorio e produrre una cosiddetta epidurale “deambulatoria”.
L’analgesia spinale (abbreviata in “spinale”) ha anch’essa trovato crescente utilizzo per recare sollievo dai dolori del travaglio riducendo il blocco motorio così da consentire alla partoriente di muoversi. La spinale consiste nell’iniezione di farmaci attraverso la dura madre direttamente nello spazio spinale (intratecale), che produce un effetto analgesico di breve termine, veloce ed efficace. Al fine di prolungare il sollievo dai dolori del travaglio, oggi si somministra l’epidurale insieme alla spinale, come spinale/ epidurale combinata (CSE).
Epidurale e spinale, entrambe conosciute come analgesia locale o neuroassiale, offrono il miglior effetto analgesico durante il travaglio. Le pazienti che vi sono ricorse dichiarano un elevato grado di soddisfazione rispetto ai risultati ottenuti. La soddisfazione dal punto di vista del sollievo dal dolore, tuttavia, non riflette automaticamente soddisfazione per il parto5, e all’epidurale sono ricollegabili le principali interferenze con i processi del parto. Tali interferenze rischiano di compromettere in modo definitivo la gioia, e la soddisfazione, per il proprio vissuto di travaglio, oltre a minacciare la sicurezza del parto e il benessere di madre e bambino.