postfazione La gravidanza e la nascita in italia di Mariangela Porta settembre 2011 è stata pubblicata l’edizione aggiornata della a cura del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, la cui filosofia e i cui obiettivi vengono così presentati dal documento stesso: A Linea guida sulla gravidanza fisiologica “La linea guida sulla gravidanza fisiologica considera il percorso assistenziale di un evento frequente, che esprime una condizione di salute e non di malattia e interessa una popolazione particolarmente composita e con caratteristiche in rapida evoluzione. In questo contesto la scelta degli interventi dipende non solo dalla loro efficacia relativa, ma anche dai valori di riferimento e dalle preferenze delle assistite. Ne discende che l’offerta di informazione – nel quadro di una comunicazione efficace – è uno degli elementi assistenziali che i professionisti devono essere in grado di garantire alle donne”. I dati e le raccomandazioni che verranno ora riportati sono ricavati da questa Linea Guida che presenta la risposta a 81 diversi quesiti su gravidanza e parto, a cui si può fare riferimento per ulteriori approfondimenti. Un po’ di epidemiologia La nascita costituisce l’intervento assistenziale più frequente delle strutture sanitarie in Italia. Nel 2008, l’ultimo anno per il quale si dispone della elaborazione delle schede di dimissione ospedaliera (SDO), il parto vaginale senza complicazioni e il taglio cesareo senza complicazioni hanno costituito rispettivamente il primo (330.665) e il terzo (199.678) dei primi 10 DRG ( -Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi). Diagnosis Related Group Le informazioni maggiormente dettagliate sull’assistenza in gravidanza sono quelle raccolte al momento della nascita e desunte dai certificati di assistenza al parto (CedAP), per i quali la rilevazione nazionale più recente risale al 2007 con i dati su 520.369 parti e 526.729 nati in 541 punti nascita. Dalla lettura di questi dati emergono anche le trasformazioni socio-economiche a cui è andata incontro la popolazione del nostro Paese, originando bisogni assistenziali nuovi e diversificati rispetto al passato. Nell’anno considerato: le gravidanze delle donne di cittadinanza non italiana rappresentavano il 15,9% del totale, quasi il 20% considerando solo le regioni centro-settentrionali. La provenienza delle madri straniere risultatava essere dall’Africa (26,5%), da Paesi Europei appartenenti all’Unione Europea (26,1%) e non (19,9%), dall’Asia (17,3%) e dal Sud America (9,8%); l’età media della madre al parto era di 32,3 anni per le italiane e di 28,8 anni per le cittadine straniere, più elevata rispetto al passato; il livello di istruzione corrispondeva a scolarità bassa o inferiore (non superiore a scuola media inferiore) nel 36,6%, medio-alta (diploma di scuola media superiore) nel 40,7% e universitaria nel 22,7%. La scolarità medio-bassa prevaleva fra le straniere (52,4%); il 60% delle madri avevano un lavoro, il 29,5% erano casalinghe e il 6,7% erano disoccupate o alla ricerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere era di casalinga nel 58% dei casi. L’accesso all’assistenza sanitaria Sempre nel 2007: Nel 16% delle gravidanze il numero di visite ostetriche è stato inferiore a 4. Hanno effettuato la prima visita dopo la dodicesima settimana di età gestazionale il 3,6% delle donne italiane e il 16,2% delle donne straniere. È stata trovata una correlazione fra questo ritardo e livello di istruzione (8% in caso di scolarità bassa a fronte del 3,5% in caso di scolarità medio-alta) ed età materna (15,7% nelle gravide con meno di 20 anni). Analisi regionali del CedAP, come quella condotta in Emilia-Romagna fra il 2005 ed il 2008, hanno rilevato un’associazione statisticamente significativa fra scolarità materna medio-bassa (fino alla licenza media inferiore), cittadinanza straniera, disoccupazione e stato di casalinga e inappropriatezza assistenziale o esiti avversi della gravidanza. Vi è stata inoltre una elevata frequenza di interventi medici in gravidanza: il 75% delle donne, per esempio, ha assunto almeno un farmaco in gravidanza e il 72,4% ha eseguito più di 3 ecografie. Nell’ambito della diagnostica prenatale invasiva, in media ogni 100 parti sono state effettuate 15,4 amniocentesi, riguardando quasi la metà delle donne di età superiore a 40 anni. I parti successivi a una tecnica di procreazione medicalmente assistita sono stati 5.329, in media 1,2 ogni 100 gravidanze. Parallelamente alla tendenza a una crescente medicalizzazione della gravidanza si è vericato un calo di attenzione alla fisiologia. Secondo un’indagine nazionale realizzata nel 2002 meno di metà delle donne coinvolte ha ricevuto durante l’assistenza in gravidanza informazioni adeguate sull’allattamento al seno e meno di un terzo sulle cure neonatali e sulle normative che tutelano la maternità. I Consultori Familiari e le Ostetriche si sono confermati i migliori garanti della fisiologia anche in uno studio del 2008 che ha osservato un minor rischio di taglio cesareo nelle donne che avevano frequentato un corso di accompagnamento alla nascita presso un Consultorio. Alcune raccomandazioni Facciamo riferimento a quanto raccomandato dalla sulla gravidanza fisiologica rispetto ad alcune situazioni più particolarmente considerate nel testo di Sarah Buckley. Linea Guida – Diabete gestazionale Il diabete mellito gestazionale (GDM) è caratterizzato da una intolleranza al glucosio di entità variabile, che inizia o viene diagnosticata per la prima volta in gravidanza e, nella maggior parte dei casi, si risolve non molto tempo dopo il parto. Raccomandazioni - Al primo appuntamento in gravidanza, a tutte le donne che non riportano determinazioni precedenti, va offerta la determinazione della glicemia plasmatica per identificare le donne con diabete preesistente alla gravidanza. - Nelle donne con gravidanza fisiologica è raccomandato lo per il diabete gestazionale, eseguito utilizzando fattori di rischio definiti. screening A 16-18 settimane di età gestazionale, alle donne con almeno una delle seguenti condizioni: diabete gestazionale in una gravidanza precedente; indice di massa corporea (IMC) pregravidico ≥30 (obesità); deve essere offerta una curva da carico con 75 g di glucosio (OGTT 75 g) e un ulteriore OGTT 75 g a 28 settimane di età gestazionale, se il primo è risultato normale. riscontro, precedentemente o all’inizio della gravidanza, di valori di glicemia plasmatica compresi fra 100 e 125 mg/dl; A 24-28 settimane di età gestazionale, alle donne con almeno una delle seguenti condizioni: età ≥35 anni; indice di massa corporea (IMC) pregravidico ≥25 (sovrappeso); macrosomia fetale in una gravidanza precedente (≥4,5 kg); diabete gestazionale in una gravidanza precedente (anche se con determinazione normale a 16-18 settimane); anamnesi familiare di diabete (parente di 1° grado con diabete tipo 2); deve essere offerto un OGTT 75 g. famiglia originaria di aree ad alta prevalenza di diabete: Asia meridionale (in particolare India, Pakistan, Bangladesh), Caraibi (per la popolazione di origine africana), Medio Oriente (in particolare Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Giordania, Siria, Oman, Qatar, Kuwait, Libano, Egitto); Sono definite affette da diabete gestazionale le donne con uno o più valori di glicemia plasmatica pari o superiori ai seguenti: a digiuno 92 mg/dl, dopo 1 ora 180 mg/dl, dopo 2 ore 153 mg/dl. I professionisti devono informare le donne in gravidanza che: nella maggioranza delle donne il diabete gestazionale viene controllato da modifiche della dieta e dall’attività fisica; se dieta e attività fisica non sono sufficienti per controllare il diabete gestazionale, è necessario assumere insulina; questa condizione si verifica in una percentuale compresa fra il 10% e il 20% delle donne; se il diabete gestazionale non viene controllato, c’è il rischio di un’aumentata frequenza di complicazioni della gravidanza e del parto, come preeclampsia e distocia di spalla; la diagnosi di diabete gestazionale è associata a un potenziale incremento negli interventi di monitoraggio e assistenziali in gravidanza e durante il parto; le donne con diabete gestazionale hanno un rischio aumentato, difficile da quantificare, di sviluppare un diabete tipo 2, in particolare nei primi 5 anni dopo il parto. Alle donne cui è stato diagnosticato un diabete gestazionale deve essere offerto un OGTT 75 g non prima che siano trascorse 6 settimane dal parto. – Infezione da streptococco gruppo B Lo streptococco di gruppo B (Streptococcus agalactiae, GBS) è una delle principali cause di grave infezione neonatale. Il batterio può essere presente nel tratto gastrointestinale o genitale della donna in maniera sintomatica o asintomatica. Nell’area nordorientale dell’Italia, uno studio di popolazione ha stimato una prevalenza di donne positive per GBS pari a 17,9%. La colonizzazione batterica materna intraparto è un fattore di rischio per la malattia precoce neonatale che può manifestarsi con polmonite, meningite, sepsi, morte. Circa l’80% delle sepsi neonatali da SGB è dovuta a trasmissione durante il travaglio e il parto. In Emilia-Romagna uno studio di popolazione ha rilevato, in nati di età inferiore a tre mesi nel periodo 2003-2005 (112.933), una incidenza di malattia da GBS pari a 0,50 per 1.000 nati vivi. Raccomandazioni L’esecuzione dello screening dell’infezione da streptococco beta-emolitico gruppo B con tampone vaginale e rettale e terreno di coltura selettivo è raccomandata per tutte le donne a 36-37 settimane; le donne in gravidanza con infezione da streptococco di gruppo B devono ricevere un trattamento antibiotico intraparto. Queste raccomandazioni attribuiscono valore alla possibilità di identificare, attraverso lo , le donne nelle quali il trattamento antibiotico intraparto è potenzialmente in grado di ridurre una infezione neonatale da SGB a esordio precoce (early onset GBS infection) e alla possibilità di ridurre il numero delle donne che arrivano al parto con tampone eseguito da oltre 5 settimane (considerato l’intervallo ottimale), considerando che comunque, prima delle 37 settimane compiute, vi è indicazione alla profilassi antibiotica intraparto indipendentemente dal risultato del test. screening – Induzione al parto - Raccomandazioni Alle donne con gravidanza non complicata deve essere offerta l’opportunità di partorire spontaneamente; per evitare i rischi legati alla prosecuzione della gravidanza, l’induzione del parto deve essere offerta a tutte le donne con gravidanza non complicata da 41+0 a 42+0 settimane di età gestazionale; il momento in cui effettuare l’induzione del parto deve tener conto delle preferenze della donna, dei risultati dei test di sorveglianza fetale adottati e del contesto assistenziale; i professionisti che assistono la donna in gravidanza devono rispettare la scelta della donna di non effettuare l’induzione del parto e, da quel momento in poi, condividere con lei le opzioni assistenziali; alle donne che a 42+0 settimane di età gestazionale rifiutano l’induzione al parto deve essere offerto un monitoraggio più frequente, consistente nella cardiotocografia almeno due volte a settimana abbinata a una stima ecografica della massima tasca di liquido amniotico ( maximum amniotic pool depth ). – Taglio cesareo L’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di parti chirurgici (38%), seguita a ruota dal Portogallo (33%) e dalle altre nazioni a scalare fino al 15% dell’Olanda e al 14% della Slovenia. Vi è una notevole variabilità interregionale con valori più bassi al nord e più alti al sud. A cura di SNLG-ISS (Sistema Nazionale Linee Guida-Istituto Superiore Sanità) è stata pubblicata a gennaio 2012 la linea guida . Taglio cesareo: una scelta appropriata e consapevole Secondo questo documento il taglio cesareo viene in caso di: raccomandato gravidanza gemellare monocoriale monoamniotica (gemelli con un unico sacco amniotico ed una unica placenta) da eseguire a 32 settimane; placenta previa (inserita così in basso da ostruire il canale del parto); peso fetale stimato superiore a 4500 g; infezione genitale primaria da virus herpes simplex con presenza di lesioni nel terzo trimestre o in prossimità del parto; alcuni casi di infezione da HIV isolata o associata a infezione da virus dell’epatite C. Può invece essere se il feto presenta un ritardo grave di crescita intrauterina o è ancora in presentazione podalica a 39 settimane di gravidanza. In quest’ultimo caso a 36-37 settimane in assenza di controindicazioni deve essere offerta la possibilità di un rivolgimento per manovre esterne per aumentare le probabilità di presentazione cefalica e di parto vaginale, da eseguire in ambiente assistito. opportuno – Parto dopo pregresso taglio cesareo - Raccomandazioni L’ammissione al travaglio, in assenza di controindicazioni specifiche, deve essere offerta a tutte le donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo; in relazione all’aumentato rischio assoluto di rottura d’utero, la possibilità di un parto vaginale dopo taglio cesareo è controindicata in caso di pregressa rottura d’utero, pregressa incisione uterina longitudinale e in caso di tre o più tagli cesarei precedenti; alle donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo deve essere garantita un’adeguata sorveglianza clinica e un monitoraggio elettronico fetale continuo nella fase attiva del travaglio. La struttura sanitaria deve assicurare l’accesso immediato alla sala operatoria e alla rianimazione e la pronta disponibilità di emotrasfusioni, nell’eventualità di un taglio cesareo d’urgenza; è necessario che i professionisti sanitari forniscano alla donna con pregresso taglio cesareo informazioni rispetto alla probabilità di partorire per via vaginale in base alla sua storia clinica e in base alla casistica della struttura ospedaliera; in aggiunta alle informazioni cliniche sulle modalità di parto, è necessario fornire alle donne con pregresso taglio cesareo indicazioni relative alle caratteristiche e all’organizzazione della struttura e informazioni specifiche sulle modalità assistenziali in uso (induzione del travaglio, utilizzo di ossitocina, uso di parto-analgesia, uso del parto operativo vaginale profilattico), in quanto tali aspetti possono condizionare gli esiti relativi alla salute materna e fetoneonatale. – Ecografia L’edizione 2010 delle Linee Guida SIEOG (Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica) chiarisce le a seconda dell’epoca gestazionale. finalità dell’esame ecografico Nel primo trimestre 1 Visualizzazione dell’impianto in sede uterina della camera ovulare (o sacco gestazionale) e del loro numero; visualizzazione della presenza dell’embrione/feto 2 , del loro numero e dell’attività cardiaca; datazione della gravidanza; misurazione della translucenza nucale 3 . Nel secondo trimestre 4 Determinazione del numero dei feti; datazione della gravidanza; valutazione dell’anatomia fetale. Nel terzo trimestre Valutazione della crescita fetale; valutazione della quantità di liquido amniotico e dell’inserzione placentare. Una riflessione Quello appena proposto è soltanto un breve excursus sui pronunciamenti ufficiali più recenti delle società scientifiche maggiormente accreditate a proposito di alcuni importanti aspetti dell’assistenza sanitaria alla gravidanza e al parto. Le raccomandazioni sottolineano la necessità di non cadere nella medicalizzazione equiparando le gravidanze fisiologiche, che restano la maggioranza, a quelle complicate da patologie. Un tempo si raccomandava al personale ostetrico di seguire il parto “tenendo le mani dietro la schiena” per evitare interventi inappropriati. Questo atteggiamento dovrebbe essere esteso anche ai nove mesi precedenti, ponendosi come osservatori e guardiani della salute in un continuo scambio con i veri protagonisti della gravidanza: la mamma, il suo bambino e il mondo in cui vivono. È dunque arrivato il momento di operare un cambiamento culturale in questa direzione. Ora tocca a noi, qualunque sia il nostro ruolo. Mariangela Porta Note Per primo trimestre si intende il periodo di età gestazionale fino a 13 settimane e 6 giorni. 1 Si definisce “embrione” il prodotto del concepimento fino a 10 settimane compiute (pari a 10 2 settimane e 0 giorni di età gestazionale), si definisce “feto” da 10 settimane e 1 giorno in poi. Tale valutazione deve essere effettuata esclusivamente a 11-13 settimane + 6 gg di 3 gestazione (CRL fetale: 45-84 mm) secondo quanto stabilito e riportato nel capitolo di queste Linee Guida dal titolo Screening prenatale della Sindrome di Down. La misurazione deve essere effettuata dopo aver informato la paziente e aver ottenuto il consenso da parte di quest’ultima a sottoporsi al test di screening. Per garantire la correttezza dei tempi di esecuzione è opportuna una specifica prenotazione. Nei casi in cui la translucenza nucale non venga valutata durante un esame ecografico effettuato a 11-13 settimane, la paziente dovrà esserne informata e sarà necessario riportare sul referto la mancata misurazione della translucenza nucale. Anche nel caso in cui la gestante decida di non sottoporsi al test è opportuno riportarlo sul referto. Per secondo trimestre si intende il periodo di età gestazionale compreso tra 14 settimane compiute 4 (pari a 14 settimane e 0 giorni) e 26 settimane compiute (pari a 26 settimane e 0 giorni).