Il parto è più che un evento individuale e isolato che riguarda una madre e suo figlio. La nascita è un atto di grande forza culturale e politica, il cui dominio rappresenta il dominio del principio femminino. Questo capitolo ci invita a considerare la Nascita un’entità vivente la cui sopravvivenza è a rischio, spingendoci a devolvere la nostra passione, il nostro amore, il nostro abbandono e il nostro potere alla sua salvaguardia. In questo modo, secondo l’auspicio di Jeannine Parvati Baker, risanando la Nascita risaneremo la Terra.
La nascita sta morendo.
Iniziazione primordiale, di inesprimibile forza, unica via verso la maternità per i nostri avi, è stata defraudata, in quest’epoca, della propria dignità e del propria finalità. La nascita si è trasformata in pericolosa patologia medica da curare attraverso livelli e tipologie di interventi tecnologici sempre più rilevanti.
L’aspetto, forse, più drammatico è che l’estasi della Nascita – la capacità di portarci fuori (ex) del nostro stato normale (stasis) – è stata dimenticata; l’ingresso nel sacro mondo della maternità oggi avviene attraverso modalità post operatorie, per non dire post traumatiche, e non con una trasformazione.
Tali deviazioni dall’ordine naturale, il cui sapere è inscritto nel nostro codice genetico, producono conseguenze enormi.
Viviamo in una società in cui le neomamme sono sottoposte, come non mai, a livelli di disagio e di depressione, così come i bambini stessi, che rivelano sintomi eclatanti di stress attraverso coliche, reflusso e disturbi del sonno. Viviamo in una società in cui, a quanto riferisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ansia e depressione risultano tra le patologie a maggior impatto mondiale; in cui bambini di soli quattro anni ricevono una simile diagnosi; in cui giovani nel fiore degli anni decidono in massa di rifuggire la realtà ricorrendo agli stupefacenti, o di rifuggire definitivamente l’esistenza togliendosi la vita.
Per giunta siamo una specie che, con il depauperamento della madre universale – la Terra –, si è incamminata lungo la strada dell’autodistruzione. Lo scempio da noi perpetrato attraverso spreco e avidità ha molti punti in comune con il trattamento usato alle madri, ai bambini e all’ambiente originario – il ventre materno.
E proprio mentre abbiamo preso a scagliarci contro la Terra, dimenticando la reciproca interdipendenza con essa, abbiamo pure incominciato a scagliare i diritti del bambino contro quelli della madre, concependo una divisione, una competizione, che non esistono, né possono sussistere.
Le ferite inferte alla Nascita e alla Terra sono gravi, tuttavia, come ci svela la dea Igea “La ferita rivela il rimedio”1. È mia convinzione che la nascita soffra di mancanza di passione, d’amore, di abbandono, oltre che di una incomprensione del nostro potere, e sono altresì convinta che questi princìpi sapranno indicarci il rimedio per risanare la Nascita, risanando, al contempo, la Terra.