L’aborto spontaneo è la più frequente complicazione della gravidanza1. Con questo termine ci si
riferisce comunemente all’interruzione spontanea dell’attesa che si verifica prima del sesto mese (180 giorni di gestazione)2.
La possibilità che una gravidanza si interrompa è più elevata di quanto si possa pensare. Si ritiene, infatti, che il 15-25% delle gravidanze si
concluda con una perdita: nell’80% dei casi l’interruzione avviene nel primo trimestre, ovvero entro le prime dodici settimane di gestazione.
Molte sono, inoltre, le attese che si concludono in un’epoca precocissima (entro le prime cinque settimane), ancor prima che la donna stessa si accorga
di essere incinta o che ne abbia avuto la conferma clinica. Si calcola che gli aborti spontanei in questa fase raggiungano il 60%3.
Il rischio di perdere un bimbo diminuisce rapidamente con il procedere dell’età gestazionale: tanto più la gravidanza procede, tanto più è probabile che
giunga a termine.
Ma perché tanti bimbi restano con la loro mamma per un periodo così breve? Studi e ricerche riconducono un’alta percentuale - tra il 50 e il 70% - degli
aborti spontanei che avvengono nel primo trimestre a un difetto genetico del piccino che ha appena iniziato a crescere nel grembo materno. Un difetto
genetico incompatibile con la vita stessa, che ne impedisce il normale sviluppo e fa sì che la gravidanza si interrompa.
In alcuni casi, invece, qualcosa non ‘funziona’ nei delicati processi che portano all’impianto della cellula uovo, fecondata dallo spermatozoo maschile,
nell’utero. Più di rado la gravidanza non può evolversi felicemente per un problema di salute della mamma.