TERZA PARTE - Voci di esperti

Aborto spontaneo:
quali opzioni terapeutiche?

Poche donne sono informate del fatto che, in caso di aborto spontaneo incompleto, è possibile non praticare il raschiamento, ovvero l’intervento che consiste nella completa eliminazione dei residui presenti ancora nell’utero. Pur non trattandosi di un intervento complesso alla donna può essere offerto un altro percorso.


Infatti si può procedere scegliendo una condotta di attesa, attendendo che tutto il materiale venga eliminato naturalmente. Si può aiutare la signora favorendo l’evacuazione con farmaci che aiutano l’utero a contrarsi: una specie di “raschiamento farmacologico”.


Molte signore, potendo scegliere, preferiscono evitare di essere ricoverate, anche se per breve tempo, ed evitare un intervento, rimanendo a casa propria, dove si sentono più tranquille.


Noi professionisti sappiamo che la condotta di attesa è applicabile soprattutto ai casi di aborto incompleto, nelle gravidanze in fase iniziale (nel primo trimestre), mentre più raramente ha successo nel caso degli aborti interni, che possono impiegare anche diversi giorni prima che il contenuto endo-uterino venga espulso.


Con l’ausilio dell’ecografia, con controlli del livello serico di beta-HCG e con un’attenta valutazione delle perdite ematiche e del dolore e nel pieno rispetto della scelta della donna, la condotta di attesa è sicura, addirittura migliore per la salute riproduttiva futura, ed è preferita dalle donne a quella chirurgica.


È però importante il counselling e la donna deve poter contare su un servizio in grado di accompagnarla in questo percorso. Se poi dovesse accadere che inizi un sanguinamento abbondante con dolori pelvici, è sempre possibile eseguire un raschiamento.


Enzo Esposito, ginecologo a Lugo