Se si esegue un controllo ecografico mentre l’aborto è in atto, ovvero mentre sono presenti perdite ed eventualmente dolori al basso ventre o alla zona
lombo-sacrale, si può vedere l’utero che si contrae1.
Se l’espulsione avviene in modo completo, l’utero si svuota spontaneamente e al suo interno non resta traccia della gravidanza che purtroppo si è
interrotta.
In questo caso, una volta verificato tramite ecografia che la cavità uterina sia completamente vuota, se le perdite di sangue si riducono fino a cessare
del tutto, non sono necessari interventi medici o terapie.
In genere si ritiene opportuno eseguire un ulteriore controllo ecografico e/o un dosaggio del beta-HCG a distanza di qualche settimana, per accertare
che non vi siano state complicanze.
Se invece l’aborto è incompleto e l’utero, contraendosi, non riesce a liberarsi del tutto, può essere necessario un trattamento medico per svuotare la
cavità uterina e far cessare le perdite ematiche. In questo caso l’ecografia rivela un’immagine disomogenea e disorganizzata: nella maggior parte dei
casi non è più evidenziabile l’embrione ma solo il tessuto coriale o placentare.
Quando l’aborto è asintomatico il piccino non è più vitale, ma l’utero non si contrae e non ci sono segnali del fatto che la gravidanza si è fermata.
L’embrione rimane nella sua culla e la cervice uterina è perfettamente chiusa. È l’ecografia a rivelare quanto è accaduto perché non c’è battito e
perché le dimensioni del bimbo sono inferiori rispetto a quelle previste per quell’epoca dell’attesa.
Dal momento in cui il bimbo si spegne a quello in cui l’utero comincia a contrarsi e si verificano delle perdite possono trascorrere da pochi giorni ad
alcune settimane.
In media si calcola che, in genere, l’embrione viene espulso spontaneamente entro 14 giorni2.