Se hai comprato o se ti è stato regalato questo libro, probabilmente stai vivendo o hai vissuto la perdita di un
bimbo, oppure sei un operatore che vorrebbe sostenere le donne e le coppie che vivono questa pesante esperienza. Questo libro è prezioso e alquanto
raro.
Anch’io sono tra le tante mamme che ha perso una bambina che stava crescendo in utero e quando è successo mi sono sentita drammaticamente sola; ho tanto cercato fonti, testi che descrivessero, che spiegassero, che riportassero anche esperienze dirette per riconoscere le mie emozioni. Quella bimba, nata a 24 settimane di gravidanza, ha un nome, Francesca, e un suo posto in famiglia. Ho potuto guardarla, toccarla e tenerla. Questo mi ha molto aiutata.
I genitori che perdono il loro bambino sono proiettati a costruirci una vita insieme, hanno fatto tanti sogni, previsioni e in molti casi non rimane alcuna memoria tangibile. Il mondo non ricorda.
Quando un bimbo muore in ospedale, nel tentativo di alleviare la sofferenza, tutte le evidenze della sua esistenza vengono rimosse velocemente, nulla è lasciato per confermare la realtà: “tutto è successo così rapidamente… Era già tutto fatto… Solo dopo ho realizzato che avrei voluto vederla, toccarla…” ma anche a casa: “nulla deve ricordare… nessuno ne vuole parlare… tutti evitano”.
C’è la perdita fisica, reale e si perde anche la potenzialità di avere una vita con quel particolare bimbo che nessuno potrà mai sostituire e questo destabilizza le certezze e l’ordine del ciclo della vita e degli eventi. Nell’ordine delle cose i figli sopravvivono ai loro genitori. Quando la corsa è per la vita non c’è la minima preparazione all’evento luttuoso e per molte coppie può essere il primo confronto con la morte.
Si attraversano, come un turbine, tante emozioni. Si può vivere una sospensione della realtà, un congelamento emotivo “tutto mi passava davanti… non c’ero…”. Dopo la realizzazione dell’evento si può sentire un senso di colpa, di vergogna, di fallimento, di ingiustizia, di rabbia “andava tutto bene, perché a me?”. C’è un disperato bisogno di trovare la causa, la responsabilità, di aver risposte chiare.
Nelle settimane o nei mesi successivi la solitudine e la tristezza possono essere così forti da non riuscire a trovare la forza per reagire. Ci sono madri che temono di perdere i ricordi, le sensazioni della gravidanza, l’aspetto del bimbo e mantenere la sofferenza diventa per loro la modalità per trattenere la breve esistenza di quel bambino. A volte si fanno scelte forti, di rottura, come cambiare lavoro, tornare a studiare, cambiare casa o fare un lungo viaggio per concentrarsi, per misurarsi, per cambiare pagina.
Creare memorie, ricordi tangibili e rituali può offrire conforto nelle settimane, nei mesi e negli anni a venire. Più memorie si hanno meno complicata potrà essere l’elaborazione della perdita del proprio bambino. Condividere apertamente emozioni, pensieri e difficoltà può aiutare a superare l’isolamento e a collocare l’esperienza nella propria storia per trovare una rinnovata apertura alla vita.
Questo libro, così completo, è prezioso per tutti.
Piera Maghella
Educatrice perinatale
Fondatrice del MIPA Centro Studi
Co-autrice di “La Perdita”