Chiudete gli occhi. Immaginate un luogo dove una ventina di bambini dai 3 ai 6 anni lavorano, ognuno concentrato su
una propria attività, in silenzio, come tante api in un alveare, come piccoli monaci in un convento: chi spazza il pavimento, chi lava i piatti, chi
annaffia i fiori, chi sfoglia un libro, chi costruisce una torre con cubi di legno, chi compone parole con lettere mobili, chi dipinge, chi conta
perline.
Sembra un piccolo angolo di paradiso. Un sogno? No, luoghi come questo esistono, in tutto il mondo, sparsi nei più remoti angoli della terra.
Certo sono un’eccezione, non la realtà comune, ma ci sono. Io li ho visti. Sono scuole “diverse” e infatti si chiamano “case”, Case dei Bambini. Le ha
“inventate” un centinaio di anni fa una donna geniale, un medico che ha votato la sua vita alla causa dei bambini, facendosi loro interprete: Maria
Montessori.
Se inizio questo capitolo parlando di lei è perché ritengo che tra tante figure di educatori ed educatrici è quella che, a mio avviso, ha maggiormente
rispettato i bisogni e l’individualità del bambino, rivoluzionando i sistemi pedagogici in vigore ai suoi tempi.
Con un atteggiamento da scienziata, qual era, Maria Montessori, più di un secolo fa, si mise ad osservare i bambini (i figli degli operai del quartiere
di San Lorenzo a Roma) e si rese conto che, posti in un ambiente adeguato alle loro esigenze interiori, essi sbocciavano come fiori, realizzando appieno
le loro enormi potenzialità. Anche la salute fisica migliorava notevolmente, a indicare la inscindibile unità di corpo e mente.
Fu da questo lavoro che potremmo definire, con un termine etologico, di child watching, che la Dottoressa elaborò un approccio educativo
completamente diverso da quello allora e tuttora esistente, un approccio basato sul rispetto dei tempi, dei ritmi, delle esigenze di ogni singolo
bambino. Un “metodo” basato sulla libertà, intesa non come anarchia ma come autodisciplina, cioè obbedienza alla propria voce interiore.
Nella visione montessoriana l’educazione diventa così semplicemente “un aiuto alla vita” affinché questa possa manifestarsi in tutta la sua bellezza e
ricchezza. Del resto la parola “educare”, nel significato etimologico del termine latino, vuol dire proprio questo: “tirare fuori da”. L’educazione è
un’ars maieutica: il saper trarre all’esterno ciò che già esiste all’interno.