CAPITOLO VII

Problemi al seno

Capezzoli invertiti

Anni fa pensavamo che i capezzoli invertiti creassero molte difficoltà all’allattamento. Cercavamo di convincere i ginecologi della necessità di controllare i capezzoli alle donne gravide. Bisogna estroflettere il capezzolo prima che nasca il bambino! Per questo si proponevano due cure, il paracapezzolo formatore (pag. 152) e gli esercizi di Hoffman.


Per fortuna non riuscimmo a convincere i ginecologi, risparmiandoci così di dover fare la ridicola figura di doverli far tornare sulle loro primitive posizioni. Perché negli ultimi anni ci sono state date due importanti notizie: quella negativa, che le cure per il capezzolo invertito in realtà non fanno nulla (e quindi risulta inutile la diagnosi precoce); quella positiva, che si può allattare perfettamente con un capezzolo invertito.


Alla fine degli anni Ottanta un’ostetrica inglese, di nome Alexander, si chiedeva quale dei due trattamenti, se il paracapezzolo o gli esercizi di Hoffman, fosse più utile. Fece quel che si fa di solito in questi casi: cercare pubblicazioni di studi scientifici sull’argomento. Cercò e cercò, ma non trovò nulla. Sugli esercizi di Hoffman era stato pubblicato un solo articolo, quello dello stesso dottor Hoffman, che spiegava quanto bene avessero fatto i suoi esercizi a due mamme. Sul paracapezzolo non risultava nessuno studio.


La Alexander decise di svolgere personalmente una ricerca. Suddivise a caso, in quattro gruppi, un centinaio di donne incinte con i capezzoli invertiti. Un gruppo utilizzò, durante la gravidanza, i paracapezzoli formatori, un altro praticò gli esercizi di Hoffman, il terzo gruppo fece entrambe le cose e il quarto gruppo non fece nulla.


Il risultato non poteva essere più sorprendente. Primo, il 60% dei capezzoli previamente invertiti divennero normali al momento del parto, nella stessa misura nei quattro gruppi (di fatto, in percentuale maggiore nel gruppo in cui non era stato effettuato alcun trattamento, ma la differenza era talmente lieve che avrebbe potuto essere solo una coincidenza). Ciò significava che i capezzoli si curavano da soli, e il trattamento non contribuiva per niente a migliorarli. Dopo sei settimane, la percentuale delle madri che continuavano ad allattare al seno era diminuita all’interno del gruppo che aveva utilizzato solo i paracapezzoli; alcune trovarono questa soluzione talmente scomoda che decisero di smettere di allattare.


Questo è un buon esempio per far capire perché sono necessari esperimenti scientifici ben progettati. È indispensabile un gruppo di controllo per poter distinguere i risultati dovuti al trattamento da quelli che sono frutto del caso. Per anni, molte mamme (cioè il 60%) avevano affermato che queste cure avevano portato beneficio; e molti medici e ostetriche dicevano: “Io raccomando sempre l’uso dei paracapezzoli (o la pratica degli esercizi), e funzionano molto bene nella maggior parte dei casi”. È necessario inoltre che la ricerca valuti con diversa rilevanza un risultato talmente importante (come l’allattamento) rispetto a un semplice risultato intermedio come la forma del capezzolo. Immaginiamo che le mamme che usano il paracapezzolo avessero allattato per più tempo, rimanendo inalterata la percentuale del gruppo con i capezzoli curati. Questo indicherebbe che i paracapezzoli sono utili e bisogna consigliarli vivamente, solamente che non sappiamo perché sono utili. O al contrario, potrebbe essere che i paracapezzoli risultino molto utili per cambiare la forma del capezzolo, ma poi, nell’ora della verità, le madri allattino allo stesso modo in un gruppo così come negli altri; a che serve allora avere il capezzolo estroflesso?


Lo studio della Alexander arrivò come una doccia fredda. Era molto difficile pensare che quei trattamenti, che avevamo visto funzionare per anni, in realtà fossero inutili. Così fu ripetuto uno studio simile, ma a livello più esteso, con un maggior numero di donne gravide ricoverate in diversi ospedali. Il risultato fu lo stesso: dopo sei settimane, la percentuale di madri che allattavano al seno era esattamente la stessa nei quattro gruppi. Almeno questa volta i paracapezzoli non risultarono controproducenti, ma semplicemente inutili.


Alcuni sostengono che questi studi furono svolti solo con determinate marche di paracapezzoli, e che, sul mercato, ne esistono altre, differenti, che sarebbero potuto risultare più valide. Per quel che ne so, nessuno ha mai fatto ricerche con questi altri tipi, pertanto nessuno ha dimostrato che servissero a qualcosa.


Improvvisamente disarmati, abbiamo visto che il capezzolo invertito non era così terribile come lo si dipingeva. Le donne potevano continuare ad allattare, nonostante tutto. In un certo qual modo era una cosa logica; una cosa che ci ha fatto esclamare: come ho potuto non accorgermene prima! Il bambino non succhia dal capezzolo, ma dal seno. È sull’areola che deve posizionare le labbra, sull’areola dove deve spingere con la lingua. Mentre sta poppando, il bambino non può distinguere la differenza tra un capezzolo invertito e uno normale. Un’amica ostetrica, Lourdes Martinez, ha seguito una donna che allattò per mesi, nonostante le mancasse un capezzolo. Gliel’avevano estirpato da bambina, per un’infezione della pelle.


Il capezzolo non serve per allattare, ma solo a indicare al bambino dove deve succhiare. È come la bandierina che si posiziona sul campo da golf perché, da lontano, si riesca a individuare la buca. Se il seno fosse completamente liscio e omogeneo, come un pallone, il bambino non saprebbe da dove estrarre il latte. Si metterebbe a poppare da qualsiasi parte. A mia moglie capitò una notte: il bimbo si confuse e le lasciò un bel livido. Per evitare errori, la natura ha previsto un complesso sistema di identificazione, in cui intervengono quattro sensi: vista, tatto, gusto, olfatto. Il bimbo annusa il capezzolo (in un esperimento, durante il parto, lavavano col sapone uno dei seni e poi appoggiavano il bambino nel mezzo; la maggioranza si attaccava al seno non lavato); vede l’areola (che è come il cerchio che segnala il centro del bersaglio e che si scurisce proprio all’inizio dell’allattamento, quando il bambino deve imparare a poppare); sfiora il capezzolo con le guance e con le labbra e lo lecca per verificare che abbia il gusto di capezzolo. Quando i quattro sensi si trovano d’accordo, il bimbo non ha dubbi: è qui il tesoro! Se manca il segnale tattile, se il petto è completamente liscio, ci restano ancora altre tre piste.


Probabilmente, per migliaia di anni, per i nostri antenati erano sufficienti tre piste per trovare la buca, e quasi tutti i bambini poppavano perfettamente anche se il capezzolo era piatto. Oggi, come abbiamo già spiegato (pag. 63), la cosa è un po’ più complicata: anestesia durante il parto, separazione dopo i primi minuti, mamme che non hanno avuto opportunità di imparare ad allattare osservando altre mamme… Ma se qualcuno, l’ostetrica o l’infermiera, aiuta la madre ad attaccare il bambino al seno, questi succhierà normalmente, per quanto invertito possa essere il capezzolo.


Dopo un paio di giorni che il bimbo poppa, il capezzolo rimane normalmente estroflesso. La forza di un neonato, esercitata per più di due ore al giorno (suddivise in varie suzioni), può tutto. A volte, il cambiamento di forma diventa definitivo; ma molte madri scoprono con sorpresa che il capezzolo torna a invertirsi dopo lo svezzamento, e che il successivo figlio dovrà estrofletterlo nuovamente. Con la pratica acquisita, probabilmente, potrà attaccare il suo secondo figlio al seno senza nessun aiuto.


Quindi il capezzolo invertito provoca difficoltà per l’allattamento quando la madre non è aiutata. Ma se le infermiere e le ostetriche conoscono il sistema e danno una mano alla madre, il capezzolo invertito può rivelarsi quasi un vantaggio. Perché da un capezzolo estroflesso si può succhiare più o meno correttamente, e il succhiare in modo errato finirà per provocare ragadi e altri problemi. Ma da un capezzolo invertito o si succhia bene o non si succhia. Se il personale si sforza particolarmente nell’aiutare la madre, l’allattamento va liscio come l’olio fin dal principio.


Si è cercato di estroflettere i capezzoli con un apparato disegnato appositamente (Niplette®). Di regola, non credo che siano molto utili né così necessari; si può allattare senza usarli. A volte è stato raccomandato anche l’uso di una siringa tagliata e posizionata al contrario, ma non sembra che sia molto utile e in alcuni casi può arrecare danni al capezzolo.


Alexander JM, Grant AM, Campbell MJ, Randomised controller trial of breast shells and Hoffman’s exercises for inverted and non-protractile nipples, in “Br Med J”, num. 304, 1990, p. 1030.