CAPITOLO II

La scienza e i dogmi

Errori poco salutari

Fare il medico significa maneggiare tutti i giorni qualcosa di estremamente prezioso che appartiene ad altri, la loro salute, avendo come interesse preciso quello di difenderla, o recuperarla, o migliorarla. E quando sbagli, ne devi dare ragione.


Ecco il punto: quando sbagli. Chi decide se sbagli o no? Ovviamente prima di tutti il paziente. Se non guarisce dopo la tua cura, hai sbagliato. Oppure, se prima stava benissimo e ora sta malissimo, dopo aver assunto qualcosa che tu gli hai prescritto, hai sbagliato.


Un’osservazione così ovvia e banale, e accettata dal buon senso comune nel caso di qualsiasi terapia medica, non si capisce perché venga rifiutata quando si tratta di vaccini.


Se dei genitori vengono a dirti che, dopo avere ricevuto un vaccino, il loro bambino all’improvviso sta male, è diverso da prima, presenta sintomi di vario genere, che senso ha rispondere: “È un caso”, “Non c’è relazione tra il problema di suo figlio e il vaccino”?


In genere, in tutte le scienze l’errore è salutare: serve a dimostrare che qualcosa non torna nella teoria fino a quel momento considerata vera, e che se ne può formulare un’altra, diversa e più capace di spiegare i fatti che vediamo verificarsi. Tanto è vero che il metodo sperimentale, cioè scientifico, viene chiamato con espressione inglese: try and error, ossia “tentativo ed errore”. Naturalmente l’errore è salutare, come dicevo prima, se è seguito da un riesame delle conoscenze che si erano fino a quel momento ritenute vere, e si torna alla carica con una nuova teoria, che rimarrà valida fino a quando qualcuno non scoprirà che contiene un altro errore. E così via.


Ora, la scienza sembra essere un campo dove gli errori non riescono a sfuggire alla legge inflessibile del metodo sperimentale: se l’esperienza pratica non conferma le tue teorie, le tue teorie sono sbagliate. Non si discute. Proprio all’opposto, la storia della scienza è piena di esempi di teorie dimostratesi false alla prova dei fatti, ma che sono state abbandonate soltanto dopo una lunghissima resistenza perché rappresentavano le teorie ufficiali di chi occupava posizioni molto importanti all’interno delle accademie, delle università e dei gruppi di potere in genere. Costoro non erano certo disposti a riconoscerle false, considerata l’autorevolezza che grazie a queste avevano raggiunto nella società, e dei vantaggi annessi che avevano conseguito. Chi volesse leggere queste storie curiose, e alcune tra l’altro dello scorso secolo, di scienziati combattuti dallo stesso mondo scientifico ufficiale solo perché avevano scoperto alcuni errori evidenti nelle teorie ritenute per vere dai più, vada a leggere il quinto capitolo del saggio La luna e il dito di Angelo Tartaglia1, professore di fisica al Politecnico di Torino.


La medicina non fa eccezione. In questo campo tuttavia gli errori non sono salutari affatto, perché c’è di mezzo la salute del paziente, e anche quando risultino inevitabili sarebbe bene venissero immediatamente corretti. Il medico non può permettersi di restare vincolato a convinzioni personali solo perché è stato formato con quelle, o perché ha perso l’abitudine di mettere in discussione anche se stesso quando qualcosa non gli torna. Il medico deve il più possibile conservare una mente aperta e uno sguardo attento a cogliere ciò che da un indizio trascurabile può diventare, se troppo frequente, un dato statistico consistente, e da lì un possibile errore della teoria che aveva fino ad allora abbracciato.