CAPITOLO I

Cos'è l'educazione al vasino

Prendersi cura di un bambino significa identificarsi con lui,
essere sensibili e reattivi ai suoi bisogni fisici e psicologici.
M. Klaus e J. Kennell

Passato e presente

…il bambino che cresce deve, ad ogni passaggio, ricavare un senso vitalizzante di realtà dalla consapevolezza che il suo modo individuale di padroneggiare l’esperienza (la sua sintesi dell’Io) è una variante riuscita di un’esperienza di gruppo (…) L’identità dell’Io acquista vera forza solo dal riconoscimento sincero e coerente di veri successi - cioè di realizzazioni che hanno significato nella cultura1.”


L’età in cui si toglie il pannolino al bambino è mutata molto nel corso degli ultimi cento anni. Fino agli anni Trenta l’educazione sfinterica era molto libera e i genitori permissivi da questo punto di vista. Da neonati i piccoli venivano fasciati, ma non appena iniziavano a gattonare indossavano delle vestine che arrivavano fino al ginocchio; il sedere e le gambette erano nudi, e a coloro che vivevano in campagna era permesso di liberarsi in terra: con una passata di strofinaccio tutto era di nuovo pulito2. Nelle case borghesi, invece, il bambino era vestito di tutto punto con calze, scarpe e graziosi vestitini; per questo motivo l’educazione sfinterica cominciava molto prima in modo da evitare bucati continui. E così, secondo la pedagogista Dolto3, un po’ alla volta si è cominciato a educare il bambino alla pulizia sempre più precocemente, adducendo anche la motivazione che il bimbo lasciato sporco poteva raffreddarsi e di conseguenza ammalarsi in un periodo storico in cui la mortalità infantile era davvero alta.


Prima degli anni Sessanta quindi l’educazione al controllo degli sfinteri iniziava molto presto: intorno al primo anno di età il piccolo era già indipendente dal pannolino.


Per le nostre nonne era normalissimo togliere i pannolini di stoffa in tenera età, anche prima che il bambino fosse in grado di camminare e di comunicare i suoi bisogni di evacuazione. Il bebè veniva esortato a stare sul vasino a orari fissi e per stimolare la regolarità delle sue funzioni intestinali veniva suggerito di introdurre un pezzettino di sapone nel sederino del bambino. Molto spesso per arrivare a tale precoce indipendenza non si escludevano metodi coercitivi anche fisici; tali sistemi educativi erano considerati normali nelle famiglie, che credevano di agire per il bene del bambino.


La teoria di Freud invece, supportata poi dai suoi successori, mette sotto accusa tutte quelle pratiche attribuibili a un complesso di atteggiamenti e comportamenti troppo rigidi da parte dei genitori. Le teorie psicanalitiche hanno sovvertito il significato di alcune pietre miliari dello sviluppo psicologico del bambino, in particolare il controllo delle funzioni fisiologiche: se prima il raggiungimento del controllo sfinterico veniva considerato una conquista positiva, con la teoria psicanalitica diventa un’esperienza temibile. La teoria freudiana dello sviluppo presuppone l’esistenza di istinti (le pulsioni) che si manifestano in sequenza durante l’infanzia: prima la pulsione orale, poi l’anale e infine quella genitale. Il processo di socializzazione implicherebbe quindi la repressione di queste pulsioni istintuali, attraverso le richieste dei genitori e della società più vasta; una gestione scorretta dello svezzamento e dell’educazione alla pulizia (troppo precoce o troppo tardiva, troppo severa o troppo permissiva) potrebbe avere effetti permanenti sulla personalità del bambino. La definizione di personalità anale che deriva dalle teorie freudiane (e che si attribuisce a errori nell’educazione agli sfinteri) sta pian piano scomparendo dalla letteratura psicologica e pedagogica, via via che diventa sempre più chiara la mancanza di supporto nei dati empirici; ma concetti come questi sono duri a morire e perfino un autore come Erikson, di fronte all’evidente infondatezza di tali presupposti, osserva che “l’addestramento al controllo delle funzioni intestinali e urinarie è diventato l’elemento di più evidente disturbo nell’educazione del bambino in vaste cerchie della nostra società”4. Vari studi empirici hanno dimostrato l’inconsistenza dell’applicazione delle teorie psicanalitiche allo sviluppo del bambino5; pur tuttavia la teoria freudiana si presta molto bene a rispondere alla mentalità dell’epoca.


Negli anni Sessanta, sulla scia delle teorie freudiane, la pedagogista e psicanalista francese Françoise Dolto mette in dubbio la necessità di svezzare dal pannolino in età precoce e propone un approccio molto più morbido in cui non viene messa fretta al bambino. Dal suo punto di vista il piccolo non va punito, ma di ogni bambino vanno rispettati i ritmi naturali di sviluppo neurologico e fisiologico6.


Da questo momento in avanti, e in concomitanza con l’avvento dei pannolini usa e getta, pediatri e psicologi iniziano a consigliare un approccio centrato sul bambino (child-oriented)7: è il piccolo a decidere quando togliere il pannolino ed è lui che sceglie se andare o no a fare i suoi bisognini nel water o nel vasino; egli inoltre non va forzato da chi si prende cura di lui e tanto meno punito.


In tutto questo il genitore ha il ruolo di osservatore e attende che sia il bambino a chiedere di togliere il pannolino. Si tratta di un processo che non va affrettato: ogni bambino ha i suoi tempi e l’intero percorso deve essere una sua decisione piuttosto che una forzatura da parte dell’adulto.