capitolo 4

Il valore psicologico
del lavoro a scuola

Una valutazione del valore psicologico del lavoro a scuola esige una sintesi sia del significato psicologico del contributo di Maria Montessori alla conoscenza umana, sia del lavoro inteso come fenomeno umano. Entrambe le questioni devono a loro volta essere messe in rapporto con il contesto educativo. Sarà quindi possibile giudicare il lavoro entro l’impostazione scolastica e, allo stesso tempo, stimare i meriti psicologici dell’approccio montessoriano e dell’educazione tradizionale così come viene impartita al giorno d’oggi.


La forza trainante alla base del pensiero della Dottoressa era una concezione davvero profonda dell’uomo e del suo posto nel mondo. Tale concezione era radicata nell’idea secondo cui, quando l’uomo comparve sulla terra, venne alla luce una nuova specie. Tale convinzione la portò a parlare di un nuovo inizio nello studio dello sviluppo infantile e fu proprio il suo orientamento antropologico che alla fine le permise di scoprire il bambino. La scoperta riguardava la realizzazione della specifica funzione del bambino nella formazione dell’uomo e in quanto collegamento tra le varie generazioni nell’evoluzione culturale dell’umanità. Gli schemi comportamentali tipici della specie umana non sono ereditari, ma lo è la capacità di crearli. L’uomo raggiunge la maturità solo nella fase postnatale, quando è già esposto alle influenze ambientali. La continuità del processo embrionale che avviene dopo la nascita è di ordine psicologico perché richiede l’attiva partecipazione dell’individuo coinvolto. Il bambino ha poteri speciali che favoriscono l’autocostruzione: la mente assorbente e i periodi sensitivi, ma ha bisogno dell’aiuto degli adulti. L’educazione ha un ruolo fondamentale nella formazione dell’uomo, e il suo obiettivo principale è quello di offrire aiuti e stimoli adeguati durante il complicato processo di costruzione interiore.


Tutti noi sappiamo che qualunque cosa siamo adesso e qualunque cosa siamo in grado di fare è il risultato di un precedente periodo di sviluppo e un processo di apprendimento influenzato dall’educazione che abbiamo ricevuto. La Montessori tuttavia riteneva che una mancanza di educazione non avrebbe solo limitato le nostre capacità da adulti ma, nel peggiore dei casi, avrebbe addirittura precluso la possibilità di diventare esseri umani. Immaginiamo per esempio un neonato in salute, separato dalla madre al momento della nascita e cresciuto in condizioni ottimali, allevato in uno spazio insonorizzato e ben illuminato, dotato di aria condizionata e con il cibo migliore, ma senza altri oggetti né contatti con esseri umani. Se tale individuo sopravvivesse fino alla fine della pubertà, cosa di per sé estremamente improbabile, non sarebbe affatto un essere umano ma una mera creatura con sembianze umane. E il problema non sarebbe l’aver perso quindici anni di tutela da parte di un adulto, che dovrebbero essere recuperati; egli non possederebbe nessuno di quegli attributi che riteniamo essenziali per definire l’uomo e di cui siamo così orgogliosi. Se una creatura così sfortunata fosse ammessa nella società in una fase più matura, non sarebbe in grado di recuperare il tempo perduto; per tutta la durata della sua vita rimarrebbe un disadattato, anche nel caso in cui gli venisse fornito ciò di cui era stato privato durante il periodo di isolamento. Ovviamente sarebbe troppo crudele dimostrare questa affermazione attraverso un esperimento, ma l’umanità è spesso crudele, ed esistono esempi in cui bambini che per varie ragioni avevano subìto privazioni, avevano perso per sempre certe capacità inerenti agli esseri umani. Un esempio storico molto noto è quello riportato dal dottor Jean Itard attinente al sauvage de l’Aveyron, un bambino-lupo trovato nei boschi poco dopo la Rivoluzione Francese. La descrizione delle esperienze di Itard con questo bambino suscitò l’interesse e l’attenzione di Montessori molto prima che incominciasse con il suo lavoro pedagogico.