capitolo 1

Premessa

Molte volte mi sono avventurata a tracciare note biografiche su Maria Montessori, la cui filosofia di vita e le cui realizzazioni hanno permeato la mia vita professionale e la mia visione della realtà, ma a distanza di tempo, avendo instancabilmente continuato a cercare nuovi documenti e dati, ho dovuto constatare imprecisioni che qui, grazie anche all’aiuto di Carolina Montessori, ho con piacere corretto, avvalendomi, come sempre, di ulteriori fonti e testimonianze.


La vita di Maria Montessori, pur nella sua linearità, ha molteplici aspetti nascosti, anche a causa del suo continuo viaggiare. Nel corso della sua esistenza ha abitato in diverse città, visitato numerosi paesi, raccogliendo amici e allievi ovunque, lasciando segni della sua esistenza in luoghi e persone diverse, non sempre facili da collegare. L’impegno da lei posto nel “seminare” i risultati delle sue scoperte ha finito per nascondere – e in certo modo negare – gli anni luminosi della formazione, coincisi con le lotte femministe e con l’esperienza dolorosa della maternità, segnati da un nuovo senso di giustizia sociale e dalla nuova consapevolezza circa il ruolo della donna. Il soffocante perbenismo del tempo ha considerato disdicevoli alcune sue esperienze, al punto da costruire intorno alla sua figura una sorta di leggenda.


La prima volta in cui mi venne proposto questo lavoro ricorrevano cento anni dall’apertura della prima Casa dei Bambini. Accettai con piacere, decidendo di riportare solo notizie documentate o certe, reperite in articoli, lettere, fotografie dell’epoca, riferite da testimoni fidati o da me personalmente vissute. L’intenzione è stata quella di restituire di Maria Montessori un’immagine tersa, spogliata dei toni agiografici, che non le si addicono, eppure comuni a molte biografie, e di gratuite interpretazioni, tutt’altro che rare. Nelle lettere ad alcune allieve da me conosciute – Anna Maria Maccheroni, Adele Costa Gnocchi, Giuliana Sorge, Maria Antonietta Paolini – Maria ha sempre alternato a un tono confidenziale o leggermente ironico una sorta di distacco dalle cose, tutta protesa com’era verso il futuro, con il pensiero orientato alla causa dei bambini e dei ragazzi, al benessere dell’umanità intera attraverso il riconoscimento dei diritti della «lunga infanzia umana».


Maria Montessori l’abbiamo vista sui francobolli, sulle monete da duecento e sui biglietti da mille ai tempi della lira a guisa di una vecchia gloria nazionale, di un “santino” di carta ormai consegnato alla storia. Un modello superato, si sente dire, che paradossalmente ora fa gola a molti a fronte di una scuola che programma, addestra, assegna compiti, riempie a dismisura il tempo degli allievi di ogni età, sprona di continuo alla competizione e obbliga a socializzazioni forzate mentre svaluta le individualità. Una scuola che giudica senza mai giudicarsi, che non prepara i docenti all’autocritica. Un sistema, insomma, in cui il bambino, il ragazzo, l’adolescente non vengono presi in considerazione con i loro specifici bisogni di crescita e le loro differenze individuali, ma trattati alla stregua di vasi vuoti da riempire oppure superprotetti e accontentati al punto da farne tiranni sempre scontenti. Quando troveremo noi adulti la giusta misura?