capitolo 13
Tra positivismo e spiritualità
“Osservare i fatti, prima di parlare”
Il positivismo, sviluppatosi nell’Ottocento, ebbe come suoi rappresentanti francesi e inglesi Auguste Comte, John Stuart Mill e soprattutto Herbert Spencer, filosofo dell’evoluzionismo. In Italia il massimo esponente fu Roberto Ardigò276. Avido lettore della letteratura scientifica del suo tempo, aveva criticato l’atteggiamento passivo imposto agli uomini dai dogmi religiosi ed evidenziato, invece, il valore formativo delle conoscenze scientifiche come stimolo alla curiosità e alle tendenze creative di ogni essere umano. Nel Discorso su Pietro Pomponazzi, pronunziato a Mantova nel 1869 Ardigò fornisce una esemplare definizione di positivista:
Prima di tutto il positivista è appunto un filosofo, che vuol essere indipendente da qualunque sistema metafisico edificato a priori. […] E se sèguita quietamente le sue ricerche, senza prender partito […]. E dice tra sé: Dove sia la verità, lo saprò soltanto, quando sarò arrivato a discoprirla col metodo infallibile dell’osservazione e dell’analisi. Intanto io non so che farmi di una scienza che lascia il campo a opinioni affatto tra loro contrarie. Quella che io cerco è una scienza vera e certa per tutti; sicché basti conoscerla per essere costretti ad ammettarla.277
Un simile approccio al reale non poteva non avere ricadute sul modo di concepire le teorie dell’educazione278. Non solo i concetti, ma anche i princìpi morali, si acquistano secondo Ardigò con l’esperienza: a scuola «occorre concretezza; non parole, ma cose». La lezione esclusivamente verbale non è sufficiente; sono necessari oggetti o, in mancanza di questi, immagini e simboli. Anche se la parola del docente conserva la sua importanza, solo con il fare concreto possono svilupparsi l’attenzione, l’abitudine e il comportamento consapevoli. Di qui la diligenza, il contegno e la disciplina non come risultato di imposizioni, ma come prodotto di conoscenze ottenute grazie all’aiuto amorevole dal maestro e all’esempio da lui offerto. Al tempo stesso occorre aiutare i ragazzi a fortificarsi, a resistere alle fatiche, al freddo, curando con scrupolo l’igiene, secondo l’antico adagio di Giovenale: mens sana in corpore sano279.
Dunque una concezione unitaria dell’individuo, contraria a ogni dualismo di natura metafisica e in aperto dissidio con il pensiero cattolico. Eppure, malgrado la resistenza della Chiesa all’affermazione di una mentalità indiscriminatamente scientista280, tale modello culturale finì per affermarsi in misura sempre maggiore attraversando trasversalmente tutti gli ambiti della vita sociale e determinando, come conseguenza del rifiuto di qualunque dogmatismo, una maggiore autonomia intellettuale e una nuova consapevolezza dei diritti umani. Fu «così che, accanto al romanticismo dei letterati e dei filosofi, si andò affermando» in quegli anni «una coscienza analitica dei fatti studiati con metodo positivo»281. Questo profondo mutamento di pensiero, dovuto anche allo sviluppo dell’industrializzazione, influenzò in senso marcatamente laico e agnostico diversi ambiti di studio e di attività: la ricerca in campo medico con Jacob Moleschott, quella antropologica con Giuseppe Sergi, la scuola di diritto penale scaturita dalle idee di Cesare Lombroso e quella neuropsichiatrica di Enrico Morselli che fu per una decina d’anni anche direttore dell’importante “Rivista di filosofia scientifica”.
Lo storico Carlo Cattaneo, che aveva partecipato alle Cinque Giornate di Milano contro gli Austriaci, fondò la rivista “Il Politecnico” per divulgare le conoscenze scientifiche e tecniche, considerate motori del progresso sociale e significativamente nel 1881 il medico Guido Baccelli, in qualità di ministro della Pubblica Istruzione, assegnò proprio ad Ardigò la cattedra di Storia della Filosofia all’Università di Padova che il filosofo avrebbe conservato per quasi trent’anni. Le sue idee influenzarono studiosi come il mazziniano Arcangelo Ghisleri, promotore dello studio della geografia, e pedagogisti come Aristide Gabelli.