Negli anni in cui Maria mette a punto le esperienze maturate a San Lorenzo, a Vienna Freud esplora i sogni e l’inconscio, Klimt dà vita alle sue immagini straordinarie, Schönberg supera la struttura gerarchica del sistema tonale e il russo Kandinskij le forme del visibile. In Germania Mann ha pubblicato I Buddenbrook; in Svizzera Einstein comincia a parlare della teoria della relatività; in Francia Monet dipinge le Ninfee e Picasso Les Demoiselles d’Avignon; Proust intraprende la composizione della La Recherche e i Lumière inventano il cinema. Lo svedese Nobel ha appena istituito il famoso, omonimo premio e il norvegese Amundsen raggiunge per primo il Polo Sud. Finlandia, Svezia e Norvegia sono i primi Stati a riconoscere alle donne il diritto di voto.
Non sono che pochi esempi utili a illustrare un mondo che pare cambiare a ritmi vertiginosi, avido di novità e di progresso. C’è ovviamente, come in ogni epoca, tanto di più: scoperte mediche e invenzioni, aneliti di libertà, ma anche tirannie, guerre e brutali repressioni, povertà e malattie. Nella storia dell’umanità si constata a ogni passo come le innovazioni apportate da un singolo siano anche il risultato di una maturazione collettiva di saperi, di convergenze di pensieri, di informazioni pazientemente raccolte, di lucide intuizioni che altri individui o gruppi elaborano e divulgano, modificando più o meno a fondo il modo di vivere della collettività.
Promotrice insieme ai suoi colleghi di una nuova formazione di maestri, femminista nutrita di letture non convenzionali, allieva o amica di innovatori quali Angelo Celli o Ugo Pizzoli, Maria ha senza dubbio respirato a pieni polmoni l’aria di cambiamento che si cominciava a respirare nel mondo dell’educazione infantile, a partire dall’attenzione delicata ai poveri «ciechi della mente» di grandi e coraggiosi artefici del cambiamento quali Sante De Sanctis o Clodomiro Bonfigli. Nonostante il suo grande interesse per i nuovi orientamenti educativi e l’amicizia con Alice Hallgarten, accesa sostenitrice delle idee dello scrittore russo, Maria non ebbe modo di leggere gli scritti di Tolstoj, sebbene per le ragioni appena esposte è probabile che sapesse dell’esistenza della piccola scuola da lui aperta dal 1859 al 1862 a Jasnaja Poljana, una località vicino Tula, a duecento chilometri da Mosca. Qui applicava la sua concezione pedagogica che consisteva nell’evitare al bambino qualsiasi costrizione, nel rinunciare a piegare il suo carattere assoggettandolo a un rigido sistema di regole e di doveri e nel lasciargli la libertà di approfondire solo ciò che lo interessava. Questo metodo, che abbandonava i secolari principi su cui si basava il sistema di istruzione delle scuole parrocchiali russe nella seconda metà del XIX secolo, attirò sul suo autore non solo le critiche dei benpensanti, preoccupati di questa pericolosa forma di socialismo evangelico, ma anche gli strali della Chiesa ortodossa che vi ravvisò gli indizi di quell’eterodossia religiosa che successivamente porteranno alla sua scomunica.