PERCHÉ L’APPROCCIO MONTESSORI NON USA MINACCE, RICOMPENSE O PUNIZIONI
La parola disciplina viene dal latino e significa “insegnare, imparare”. Perciò dovremmo considerare ciò che insegniamo ai nostri figli e ciò che loro imparano dal modo in cui li discipliniamo.
Minacce, ricompense e punizioni sono motivatori estrinseci; il bambino potrebbe collaborare per evitare una punizione o per ottenere un adesivo o un gelato. È però un tipo di disciplina che di rado ha effetti di lunga durata. È una sorta di pronto intervento, quando anche dovesse funzionare. Può rivelarsi persino una distrazione dal problema del momento.
A scuola una volta ebbi una punizione per aver scritto un biglietto cattivo sulla maestra (in mia difesa potrei dire che mi spaventava, in ogni caso non avrei mai dovuto chiamarla “drago”). Comunque sia, la maestra lo trovò. Ero talmente sconvolta all’idea di dover restare in punizione che dissi a tutta la classe che la maestra era cattiva.
La punizione funzionò? Per niente! Anziché dispiacermi per averla offesa, ero convinta che fosse la maestra ad avere qualcosa di sbagliato.
Quando minacciamo un bambino con punizioni, castighi e allontanandolo (come nel time out), iniziamo a erodere la fiducia fra genitore e figlio. Possono accadere due cose: il bambino ha paura dell’adulto e collabora per timore, oppure trova il modo di fare di nascosto ciò che vuole, senza che il genitore se ne accorga.
In modo analogo, minacce e ricompense possono ottenere la collaborazione del bambino, ma non perché egli sia desideroso di aiutare: vuole solo evitare le conseguenze negative (punizioni) o trarre vantaggio da quelle positive (ricompense). Le minacce e le ricompense dovranno aumentare e farsi più elaborate via via che il bambino cresce. Se impara a fare qualcosa solo per ottenere un adesivo, il “prezzo” della sua cooperazione aumenterà crescendo.
I metodi per ottenere la collaborazione del bambino piccolo sono estenuanti, tutta la responsabilità ricade su di noi, sull’adulto. Pensiamo: come faccio a farlo vestire, mangiare, e a fargli lavare le mani? Finiamo per essere petulanti e il bambino smette del tutto di ascoltarci.
Esiste un altro approccio.
Ogni volta che ci sentiamo messi alla prova da nostro figlio, possiamo vederla come un’occasione di insegnamento per noi e di apprendimento per lui.
Aggiungiamola alla nostra gamma di strumenti per ottenere la sua cooperazione e cerchiamo modi per lavorare insieme a lui e farlo collaborare (senza perdere la calma).
E chiediamoci: In questo momento come posso sostenere mio figlio?
Coltivare la cooperazione implica:
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tecniche di risoluzione dei problemi
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coinvolgimento del bambino
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parlare in modo che possa ascoltarci
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gestire le nostre aspettative
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un piccolo extra
Nota: per ottenere collaborazione avremo bisogno di una base solida rappresentata dal legame affettivo e dalla fiducia. Così, quando tutto sembra una battaglia, è utile fare un passo indietro e rileggere le idee del capitolo 5.