CAPITOLO 9

E come ERRORE

È necessario ammettere che tutti possiamo sbagliare; è una realtà della vita, cosicché l’ammetterlo è un gran passo verso il progresso. Se dobbiamo percorrere il sentiero della verità e della realtà, dobbiamo ammettere che possiamo tutti sbagliare, altrimenti saremmo tutti perfetti. Così meglio sarà avere verso l’errore un atteggiamento amichevole e considerarlo come un compagno che vive con noi ed ha un suo scopo, perché veramente ne ha uno.1

Oggi mi ritrovo sempre più di fronte a bambini che hanno paura di sbagliare.

È come se ne fossero terrorizzati: bambini perfezionisti, che stracciano il disegno se non è venuto bene o il foglio del compito se c’è qualche errore. Molto spesso dipende dall’atteggiamento ipercritico e pieno di pretese dell’adulto (sia esso insegnante o genitore), che vorrebbe alunni o figli perfetti e senza macchia, che li spinge verso prestazioni sempre più stressanti e mostra richieste sempre più esigenti, in uno spirito di competizione e performance sempre più accentuato.


Tali adulti sono i tipici rappresentanti di una società che mira al profitto e alla produttività, che non accoglie e accetta la fragilità e la diversità, che vuole uniformare e appiattire anziché valorizzare i talenti e apprezzare le differenze.

Ma a volte non è così: ci sono bambini che non tollerano di poter sbagliare anche con genitori o insegnanti comprensivi e premurosi, attenti e disponibili, tolleranti e delicati. E allora da dove viene questo loro atteggiamento, questa loro fatica ad accettare anche ciò che non è perfetto, che non è conforme ai loro desideri?


Io sono solita dire che ogni bambino viene al mondo con un fagottino sulle spalle… Come a dire che ogni essere umano giunge sulla Terra non come una pagina bianca ma come una storia in parte già scritta o, ancora meglio, come una raccolta di storie: ognuno di noi si porta dietro memorie lontane, antiche, che possono affondare le loro radici molto indietro nel tempo. A chi appartengono non si sa, ma non ha importanza. Così può succedere che arrivi un bambino con questo bagaglio di rigidità e intolleranza, che non ammette di poter sbagliare.


È compito nostro aiutarlo allora a superare l’ostacolo, a scavalcare il fosso. Il come ce lo indica Maria Montessori: trasformando l’errore in un amico, in un compagno di viaggio, addirittura in un maestro. Ricordando al piccolo perfezionista che errare è umano, ma non solo, è anche benefico e ha un suo scopo: ci permette per esempio di fare esperienza. Come disse una volta Thomas Edison: “Io non ho fallito duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente ho trovato millenovecentonovantanove modi su come non va fatta una lampadina”.


E in ogni caso è sempre più proficuo osare e sbagliare piuttosto che non fare nulla, bloccati dal terrore. Ecco perché nelle scuole Montessori, di ogni ordine e grado, non esistono premi e punizioni o non ci sono correzioni sui compiti con la matita rossa. Le maestre non sottolineano gli errori: “Hai sbagliato, dovevi fare così!”. Molto più delicatamente osservano dov’è il difetto e, senza dire nulla, la volta successiva ripropongono al bambino l’esercizio, mostrando esse stesse con calma e con pazienza e con un sorriso sul volto come si fa, come andrebbe fatto.


Accettare ciò che non va, ciò che non ci piace, la pianta che cresce storta o il frutto “butterato” perché è stato colpito dalla grandine, significa accettare di essere umani e, come tali, imperfetti. E allora si potrà scoprire che proprio dall’imperfezione, proprio dal difetto, dalla fragilità, nasce l’eccellenza, il genio. Proprio dai fallimenti nasce il successo. Ecco perché è importante “trovare educatori capaci di amare la stortura, perché nella stortura c’è la vita originale”2.


Abituiamo quindi i nostri bambini a familiarizzarsi con gli errori, a non temerli, ma piuttosto vederli come opportunità per fare sempre meglio, per essere sempre più.