CAPITOLO 13

F come FAMIGLIA

La famiglia dev’essere educata. La famiglia deve essere preparata per rispondere meglio ai bisogni del bambino. Non è con un metodo educativo che ciò può essere raggiunto ma solo con qualcosa di più fondamentale. Un punto centrale deve formarsi, che può essere chiamato un nucleo. Questo punto centrale, questo nucleo, può essere descritto con una sola parola: amore.1

Maria Montessori non si è rivolta, con i suoi libri e le sue conferenze, soltanto agli educatori ma anche ai genitori, a cui per esempio ha dedicato un intero volume: Il bambino in famiglia. Sì, perché i genitori sono i primi alleati del bambino, i compagni di viaggio più qualificati dei loro figli e svolgono a questo proposito un ruolo di incomparabile importanza. Ecco perché è fondamentale che essi si preparino a questo mestiere così difficile, che si educhino a comprendere il bambino, i suoi bisogni e le sue potenzialità prima ancora che egli nasca.


Io direi che la formazione dei genitori dovrebbe iniziare ancora prima del concepimento, come del resto sosteneva Aïvanhov: “Bisogna che [i genitori] si preparino prima della nascita o meglio ancora prima del concepimento. È allora che ha inizio la vera educazione, quella potente, efficace, reale, indistruttibile”2.


Per comprendere veramente il bambino, diceva Maria, non serve tanto conoscere un metodo educativo, quanto sviluppare l’amore per il bambino.

Amore è una parola spesso fraintesa e abusata e forse non sappiamo più bene cosa voglia dire… I bambini possono ricordarcelo in modo magistrale. Amare vuol dire donare e dedicarsi: questi per esempio sono gli assi su cui poggia, secondo Köhler, la pedagogia curativa steineriana. Donare senza aspettative è un atto d’amore: i bambini ne sono capaci. Pensiamo per esempio a quando ci portano un fiore o una foglia da loro raccolti in giardino o un sasso particolare o un disegno fatto con le loro piccole mani… Ma noi adulti siamo ancora in grado di donare? Sappiamo trovare il tempo per costruire qualcosa per il nostro bambino? Ricordo che il regalo più bello che ricevetti da piccola furono i vestitini per il mio bambolotto che mi cucì mia nonna paterna: ancora li conservo gelosamente in una scatola. È il tempo e l’amore che lei aveva messo nel farli che ha reso così prezioso quel dono.


Allora perché ogni tanto non creare qualcosa per i nostri figli? Può essere una bambola fatta con le nostre mani o una casetta di legno o di frasche in giardino, ma può essere anche una fiaba inventata o scritta appositamente per loro, o semplicemente la loro torta preferita.


Il regalo più grande e importante che si può fare a chi si ama è dedicargli tempo e attenzione. Manitonquat suggeriva ai genitori di istituire una sorta di rituale familiare: lo chiamava “special time”, cioè un tempo speciale riservato a ogni figlio almeno una volta alla settimana, sempre allo stesso giorno. Può trattarsi di un’ora ma anche solo di una trentina di minuti, se proprio non si riesce a fare di più e di meglio, ma deve essere un tempo in cui si è totalmente presenti e a disposizione del bambino per qualunque attività a cui lui voglia dedicarsi, senza alcun obiettivo educativo. Così lui si sentirà unico e speciale, soprattutto nel caso gli sia appena arrivato un fratellino con cui dover condividere i genitori…