CAPITOLO 23

N come NEONATO

Dappertutto manca ancora la nobiltà necessaria per accogliere degnamente l’uomo che nasce. Il bambino non è compreso degnamente in nessuna parte del mondo.1


Il neonato noi non lo sentiamo. Quando arriva nel mondo nostro noi non lo sappiamo ricevere.2

Il neonato, questo sconosciuto: una creatura così semplice e nello stesso tempo così complessa, un essere nuovo e antico al tempo stesso, che arriva direttamente dalla Fonte. Un essere di luce che appartiene ancora più al Cielo che alla Terra, che scende dalle stelle, per venire a vivere su questo strano pianeta dove può trovare anche freddo e gelo… Perché il neonato nessuno o quasi lo capisce. Troppo lontano da noi, troppo misterioso. E allora ecco che piange lacrime di nostalgia per ciò che sente di aver lasciato: un mondo fatto di Luce, Pace e Armonia.


Il neonato, questo grande incompreso. Gli basta veramente così poco: un sorriso, un tocco gentile, uno sguardo attento, una carezza… Al neonato non serve quasi nulla: egli ha bisogno solo della sua mamma. È lei che fa da ponte tra i due mondi, il vecchio e il nuovo, è lei l’unica fonte di sicurezza, il riflesso di ben più grande Amore.


Lui ha bisogno del suo corpo caldo su cui, piccolo naufrago, può approdare. Ha bisogno del suo cuore aperto in cui abitare. Perché lei per lui è l’isola dell’Essenza3. Ha bisogno del suo amore senza se e senza ma, che tutto dà e nulla chiede in cambio. L’amore di una madre. Una madre debole e forte nello stesso tempo, come ogni essere umano. Una madre che sa stare lì, con lui, con i suoi pianti e le sue lacrime, con le sue paure. Una madre che lo guarda negli occhi, innamorata, e vi si perde.


Una madre che lo protegge dalle interferenze esterne, che osserva lui e non l’orologio, che segue lui e non le tabelle… Solo così potrà nascere tra la mamma e il suo bambino una sorta di danza, di valzer da ballare insieme, ed entrambi potranno gustare “quella delizia suprema che sta nell’adagiarsi in contatto anima ad anima”4 di cui parlava Maria: la forma di gioia più grande che possa assaporare un essere umano e che solo chi ha vissuto può comprendere e capire.


Ma noi come lo accogliamo questo piccolo grande essere, quando atterra in questa landa sconosciuta? Gli riserviamo l’accoglienza che merita un ospite venuto da lontano, che ha fatto un così lungo viaggio? Gli concediamo il tempo, la calma, il silenzio di cui ha così bisogno per ritrovarsi e per adattarsi a un mondo per lui completamente nuovo?


O piuttosto lo accechiamo con luci al neon, lo stordiamo con i rumori, lo riceviamo pungendogli il tallone, offuscandogli la vista con il collirio antibiotico e strappandolo dalle braccia di sua madre per misurarlo, pesarlo, lavarlo frettolosamente, vestirlo e riconsegnarglielo come un pacchetto regalo?


Abbiamo la pazienza di lasciarlo ancora un po’ attaccato al suo compagno di viaggio, la placenta, o tagliamo bruscamente il cordone ombelicale gettandolo solo, tutto d’un tratto, nel cerchio di fuoco del primo respiro?


Lo ascoltiamo o lo zittiamo con un succhiotto di gomma che gli tappi la bocca, per non sentire le sue urla di rabbia disperata?


Lo osserviamo per comprendere i messaggi del suo corpo o gli infiliamo un sondino per stappargli il naso o liberargli l’intestino?


Rispettiamo i suoi spazi o lo invadiamo? Proteggiamo il suo sonno o lo interrompiamo perché ci è stato detto che deve mangiare ogni tre ore?


Lo teniamo al caldo e nella quiete o lo portiamo in giro, fin dalle prime settimane, nel carrello del supermercato?


Noi il neonato non lo sentiamo, dice Maria Montessori, perché non possediamo la nobiltà necessaria per accogliere così grande tesoro. “Il neonato è puro oro spirituale”, afferma il medico indiano Deepak Chopra. Ma il sacro non è per tutti. Non può essere rivelato a chi non è pronto a riceverlo. Non può essere toccato da mano impura. Alle porte del Sacro si può solo bussare, scalzi, in punta di piedi. E solo agli eletti è concesso di accedere al suo spazio, in cui si entra a capo chino con le ginocchia flesse. Il Sacro è un dono ma non per tutti: solo per chi riesce a reggerne il peso, allora sì, diventa piuma… Non è facile sostenere lo sguardo di un neonato, ha qualcosa di magico e potente al tempo stesso: ti entra dentro e ti trafigge come una spada di luce.


Di fronte al neonato bisognerebbe porsi come i Magi, in atteggiamento di sacra reverenza, solo allora lui, sentendosi compreso, ci donerà un sorriso.