CAPITOLO 4

La maestra di Maria Montessori

La letteratura montessoriana ha tradizionalmente prestato poca attenzione alla figura della maestra all’interno della riflessione di Maria Montessori. Una attenta lettura delle opere, al contrario, induce a ritenere che la studiosa marchigiana, pur enfatizzando, talvolta, il carattere indiretto del ruolo dell’adulto, tenga in grandissima considerazione l’intervento dell’insegnante e lo preveda in termini di presenza costante ed organica. Spia eloquente, al proposito, appare la stessa nomenclatura utilizzata, in particolare laddove – in maniera originale e perciò anche più densa di significato – si utilizza il termine di Direttrice per richiamare la figura magistrale. Montessori scrive infatti al riguardo: «Coi miei metodi la maestra insegna poco, osserva molto, e, soprattutto, ha la funzione di dirigere le attività psichiche dei bambini e il loro sviluppo fisiologico. Perciò io ho cambiato il nome di maestra in quello di direttrice. Sui primi tempi questo nome faceva sorridere, perché tutti si chiedevano chi dovesse dirigere quella maestra che non aveva sottoposti e doveva lasciare in libertà i piccoli scolari. Ma la sua direzione è ben più profonda e importante di quella che comunemente s’intende: poiché questa maestra dirige la vita e le anime. Le direttrici delle “Case dei bambini” debbono avere un’idea ben distinta dei due fattori, cioè la guida, che è compito della maestra, e l’esercizio individuale, che è opera del bambino. Solo dopo aver fissato tale concetto esse potranno razionalmente procedere all’applicazione di un metodo per guidare l’educazione spontanea del bambino, e per impartire le nozioni necessarie»1.


Significative appaiono anche le parole che la studiosa marchigiana dedica all’educatrice fin dall’importante discorso dell’aprile 1907, pronunciato in occasione dell’apertura della seconda casa dei bambini, laddove la maestra viene definita – invero un po’ troppo enfaticamente – «vera missionaria e regina morale tra il popolo». Essa infatti si dovrebbe dedicare completamente a questo suo compito educativo, tanto è che è previsto che debba vivere nello stesso casamento dove ha sede la scuola e dove dimorano abitualmente i bambini. «La direttrice è sempre a disposizione delle madri e la sua vita di persona colta e civile è costante esempio agli abitanti della casa, perché essa ha l’“obbligo imprescindibile” di alloggiare nel casamento e di essere quindi la coinquilina delle famiglie di tutti i suoi allievi. Fatto di grande importanza. Tra queste persone, in queste case tra le quali nottetempo nessuno si aggira senza essere armato, va a vivere nella loro stessa vita una gentile donna, di elevata cultura, un’educatrice di professione, che dedica tutto il suo tempo e la sua vita a civilizzare le genti! Vera missionaria, e regina morale tra il popolo: ella, se ha un sufficiente tatto e un sufficiente cuore, coglierà frutti inauditi di bene dalla sua opera sociale!»2.


Maria Montessori è infatti convinta che la maestra debba possedere puntuali competenze tecniche – imprescindibili per poter realizzare una proposta che ha nel corretto uso del materiale il suo fulcro – ma insiste anche sulla necessità che essa si caratterizzi per il suo impegno sociale e per «quell’amore che è necessario al maestro per renderlo veramente educatore dell’umanità». Ed al riguardo sono significative le parole relative all’impegno magistrale, che deve trovare alimento nell’amore e nella sensibilità sociale. «L’amore in sé è il complesso della fecondità che si produce per essere. E l’amore umano deve esplicarsi nel maestro in un’opera, perché si ama appunto per creare qualche cosa. Questa fecondità deve produrre la missione del maestro, che è oggi quella di riformare la scuola e di assumere una grandiosa maternità sociale, destinata a proteggere tutti gli uomini normali ed anormali. Riforma questa non solo della scuola, ma della società intera, poiché per l’opera redentrice e protettrice della pedagogia, scompariranno le più basse espressioni umane delle degenerazioni e dei morbi»3.