Leonardo Fogassi

Neuroscienziato - Docente di neurofisiologia
all’Università degli Studi di Parma

Matematica e neuroscienze

Buongiorno a tutti, grazie per essere così numerosi.


Vorrei innanzitutto ringraziare la presidente dell’Associazione di Brescia e le persone che ne fanno parte e che sono qui presenti.


Mi hanno invitato e sono venuto molto volentieri. Non pensiate che io sia un esterno nel senso che, circa due anni fa, sono stato contattato da persone dell’Associazione Montessori di Parma che in qualche modo mi hanno chiesto di iniziare un cammino insieme, prima attraverso un convegno e poi attraverso delle iniziative che stiamo tuttora portando avanti.


Non conoscevo la pedagogia di Montessori se non in una maniera molto superficiale quindi, come tutti, mi sono messo a leggere un po’ di libri e mi ha fatto molto piacere scoprire che c’era una notevole convergenza tra alcune idee che sono esposte in alcuni libro come La mente del bambino e quelle che sono state le recenti scoperte delle Neuroscienze.


Come spesso succede, i pensatori dei secoli precedenti avevano intuito delle cose che magari non potevano dimostrare direttamente, e Maria Montessori lo ha fatto attraverso la pedagogia e quindi empiricamente, non attraverso delle sperimentazioni sul cervello, per esempio, nonostante fosse medico.


È stato poi possibile verificare queste intuizioni quando le tecniche sono diventate appropriate per poter fare questo tipo di studi empirici e pervenire ai risultati di cui ora disponiamo. Si potrebbero ricordare diversi punti in cui la Montessori cita il fatto che il movimento e la mano sono gli elementi che formano la psiche e secondo me questa è stata un’intuizione molto importante perché effettivamente le ricerche degli ultimi trent’anni confermano proprio questo, e cioè che il sistema motorio, differentemente da quello che prima si pensava, non è un sistema puramente esecutivo ma al contrario ci permette di far emergere le nostre facoltà cognitive; quindi c’è stato un ribaltamento di impostazione, dimostrata attraverso vari tipi di studi.


Montessori aveva intuito questa cosa profonda che è stata rimarcata prima bene da Benedetto Scoppola e di cui penso parlerà anche abbondantemente il Prof. Ghione, il relatore che mi seguirà, che effettivamente mani e mente sono intrinsecamente collegate. Ora a me verrebbe semplice parlare di sistema motorio, cosa che faccio normalmente, invece questa volta ho un compito diverso e ho cercato di andare a vedere quali sono gli elementi, ovviamente in breve, che possono dirci come il cervello elabora gli aspetti matematici.


Naturalmente parlare di matematica vuol dire parlare di tante cose, non di una sola, cioè numeri, quantità, ordini, calcolo quindi è chiaro che chi, su questo problema, ha prima utilizzato un approccio comportamentale e poi neuroscientifico si è fatto vari tipi di domande e adesso, da circa venti o trent’anni, abbiamo alcune indicazioni – chiamiamole così per il momento – ben supportate dagli esperimenti scientifici, che ci permettono di dire quali sono le zone cerebrali interessate, quando parliamo di matematica.


Vorrei però cominciare con un paio di premesse che mi pare sia bene tenere a mente perché stiamo parlando appunto di bambini, quindi di periodi di sviluppo. Poiché lavorate direttamente “sul campo”, penso che sappiate benissimo che il cervello del bambino è un cervello plastico, cioè un cervello che da una parte segue un corso di sviluppo già in qualche modo predestinato dai suoi geni e dall’altra si modifica anche rapidamente in relazione all’esperienza, quindi con l’effetto dell’apprendimento pre-scolastico e poi scolastico.


I collegamenti presenti nel cervello hanno un loro periodo di maturazione lungo anni e guarda caso quelli che maturano ed hanno un picco più rapido sono quelli relativi alle nostre facoltà sensoriali più normali come la sensazione acustica, quella visiva ecc., mentre gli aspetti che riguardano la pianificazione, il ragionamento, le scelte e le decisioni subiscono un processo di maturazione più lento che continua durante il periodo dell’adolescenza, e di questo ci accorgiamo osservando i comportamenti dei ragazzi. Quindi di queste cose bisogna tener presente, per esempio anche nel caso dell’apprendimento della matematica. La stessa cosa si potrebbe dire per l’apprendimento della letto-scrittura.


Questo è un primo punto che secondo me va sempre tenuto presente.


Il secondo punto è che ci sono degli aspetti per cui il bambino ha una specie di “competenza potenziale”, il cui esempio più grande è rappresentato dal linguaggio e per il quale esiste una predisposizione genetica e se il bambino è esposto al linguaggio nel periodo giusto lo impara, mentre se non lo è non lo impara. Questo ci fa vedere l’importanza dell’interazione fra i geni e l’esperienza. Se per esempio un bambino cresce con i lupi (ci sono esempi al riguardo) il linguaggio non lo impara. Un discorso diverso invece deve essere fatto per la letto-scrittura e per quello che riguarda l’abilità matematica. Una cosa che a noi interessa moltissimo è sapere se l’abilità matematica la si costruisce semplicemente durante lo sviluppo ontogenetico post-natale oppure se è già presente nella filogenesi (cioè qualcosa che è già presente nei nostri antenati). Questa è una domanda estremamente rilevante per tantissime altre funzioni ed è la base per cui noi, quando studiamo, prendiamo il modello animale che ci serve per capire come funziona il cervello umano.


Un altro aspetto importante da tener presente è stato in qualche modo rimarcato da Benedetto Scoppola nella sua presentazione sull’aspetto geometrico e il lavoro con le mani. Il nostro cervello è costruito in modo che la percezione e l’azione si integrino completamente quindi anche qui l’intuizione di Montessori su come il bambino si approccia al mondo circostante, su come incomincia a imparare è importante perché nelle scuole Montessori i bambini fanno esperienze sensorimotorie, ed è questo secondo me il punto fondamentale, su cui potrò dire qualcosa dopo aver letto Psicogeometria e Psicoaritmetica. Comunque sappiate che nel cervello le funzioni avvengono tramite uno scambio reciproco fra parte posteriore e parte anteriore della corteccia cerebrale, e servono appunto per creare questi circuiti di base sensorimotori che sono secondo noi la base di tutto, anche delle funzioni di natura superiore.


Ora parliamo appunto un po’ di quello che stavo dicendo prima, cioè del fatto che l’abilità matematica esiste anche negli animali e qui ci sono tante esperienze che sono state fatte nei secoli e ci sono persone che si sono prese la briga di andare a vedere se gli animali potevano, ad esempio, contare. Solo che in alcuni casi, purtroppo, le capacità di conto degli animali, dimostrate da alcuni, sono state un po’ messe in crisi da altri studiosi che hanno fatto vedere che in realtà gli animali non contano ma sono capacissimi di cogliere segni impercettibili e quindi danno la risposta giusta non perché hanno calcolato ma perché hanno colto dall’ammaestratore un segno che quella era la risposta corretta. Però la storia non è finita, perché la psicologia animale ha fatto numerosi altri studi su varie specie che comprendono sia la nostra classe (quella dei mammiferi) sia classi diverse, come quella degli uccelli, e hanno mostrato che gli animali sono in grado di valutare le quantità e che tra l’altro il numero non è un qualche cosa che dobbiamo considerare come completamente diverso da tutte le altre funzioni che noi conosciamo, ma è trattato in maniera abbastanza simile.


Vi faccio solamente questo esempio: un esperimento fatto negli anni cinquanta del secolo scorso, in cui un ratto era disposto di fronte a due tasti A e B e il suo compito era quello di premere un numero preciso di volte il tasto A e solo dopo poteva premere il tasto B per ricevere una ricompensa. Se premeva il tasto A più o meno volte la ricompensa non la riceveva e si è visto che il ratto era capace di eseguire questo compito. Si è anche visto che questa capacità del ratto non dipende dalla durata, perché si può accorciare o allungare la durata in cui premere il tasto ma lui fa attenzione al numero. Emerge però anche un’altra cosa fondamentale e cioè che il numero che il ratto, come altri animali, è in grado di riconoscere, è approssimativo.


Come vi potete immaginare ci sono animali più vicini a noi, come ad esempio lo scimpanzé, che fanno cose eccezionali, addirittura se ne vedono alcuni addestrati per molto tempo che sono capaci di fare addizioni, confrontare fra di loro delle grandezze, ma questo tutto sommato non è così strano perché in fondo la valutazione della quantità è fondamentale nel regno animale in quanto serve per contare il cibo, per vedere quanti predatori ci sono, quanti partner sessuali sono presenti nel gruppo, ecc.; quindi questa capacità ha più di una ragione di esistere.


Però quello che si è capito è che l’animale riesce a distinguere i primi tre numeri, ma dopo il tre le sue capacità diventano approssimative. Quindi non è che l’animale non sappia fare analisi quantititative, se ad esempio metto a confronto numeri come 40 e 50, gli animali lo sanno fare perché c’è abbastanza differenza fra di loro, ma man mano che avvicino queste quantità ecco che iniziano i problemi e aumentano gli errori. Allora si è detto che l’animale ha una specie di “contatore interno”, una specie di “accumulatore” che è in grado di aggiungere man mano delle quantità, ma questo strumento è soggetto pian piano a delle variabilità e non è preciso ma piuttosto vago.


Quindi quello che effettivamente distinguerebbe la nostra specie da quelle precedenti è che noi riusciamo anche a riconoscere le quantità esatte. Però, naturalmente, questa capacità non è disgiunta dal fatto che noi abbiamo anche il linguaggio, anche se la cosa interessante è che i primati non umani, quindi scimpanzé e scimmie, riescono ad accoppiare le quantità con dei simboli, esattamente quello che facciamo noi.