Alessandro Vaccarelli

Dall'inferno della shoah: lezioni pedagogiche di resilienza e di resistenza

Professore associato di Pedagogia generale e sociale
Università dell’Aquila

La Shoah e la pedagogia

Letteralmente, nella lingua ebraica, Shoah significa catastrofe, disastro, annientamento. È dunque una parola estremamente importante nel contesto del nostro discorso se è vero che le catastrofi, nella loro varietà, richiedono resilienza e resistenza. E la Shoah è la catastrofe “più catastrofica” di tutte, un unicum nella storia per ampiezza, orrore, dolore, ingiustizia, indicibilità. Proprio da questa esperienza, rispetto alla quale, comunemente, nonostante tutto, sembra esserci una distanza siderale (non tanto temporale o spaziale, quanto piuttosto cognitiva) tenteremo di capire quali lezioni con Korczak e intorno a Korczak possiamo trarre in tema di resilienza e resistenza e quanto, anche a costo di decontestualizzare, le esperienze pedagogiche condotte nelle situazioni più estreme hanno da insegnarci per la loro profondità etica e per il loro sguardo sul mondo dell’infanzia. 

Non abbiamo spazio per analizzare approfonditamente i concetti di resilienza e di resistenza, che utilizziamo in coppia per non generare equivoci. Ci limitiamo a dire qualcosa che via via riprenderemo. “Saltare all’indietro per prendere un’altra direzione” è il significato del termine resilire, da cui la parola resilienza prende corpo. È il salto all’indietro, dunque il ritrovarsi in un punto iniziale o di svolta, che però può prevedere, oltre al dolore, al disorientamento, al sentire le forze esaurirsi, nuove scommesse e possibilità di (tras)formazione. Catastrofe e resilienza contengono nelle loro radici etimologiche l’idea generale di cambiamento, di punto di snodo di una vicenda umana. La resilienza indica dunque la capacità di affrontare le avversità e di uscirne rafforzati e aperti alla ricerca di nuovi equilibri6. Se la resilienza rimanda all’individuo, alle sue energie, al suo adattamento e alle progettualità di vita, se dunque essa va intesa soprattutto come energia per la sopravvivenza psicologica, la resistenza7 fa invece emergere il senso sociale, etico, e non ultimo, pedagogico di se stessa, quale direzione, percorso, strumento per affermarsi come individui e come collettività, in presenza di forze ostili e di condizioni di oppressione che possono variare di momento in momento, di contesto in contesto.