BRUGES A FIRENZE

Ci siamo soffermati, nel primo capitolo, sulla presenza fiorentina a Bruges e sui rapporti che consentì di sviluppare sul piano artistico.

Nel corso del Quattrocento, a Firenze e nel resto d’Italia l’influenza fiamminga si fece sentire soprattutto grazie alle opere che provenivano dai Pesi Bassi; anche se non mancavano artisti nordici direttamente attivi nella penisola.


A Firenze è documentata l’attività di artigiani tessili provenienti dalle Fiandre, soprattutto arazzieri che lavoravano sulla base di disegni che avevano portato con sé. Il lavoro comune con i colleghi toscani dovette essere un’importante occasione di scambi di pratiche, tecniche, informazioni, suggerimenti(13).

Ma un effetto duraturo sugli sviluppi artistici dovettero avere i modelli stabili presenti in città, le opere che vi giungevano in numero sempre crescente nel corso di tutta la seconda metà del Quattrocento. Molti dei lavori fiamminghi di soggetto religioso giunti a Firenze si trovavano nella chiesa di Santa Maria Nuova, legata ai Portinari; tra queste il Trittico che ne porta il nome e un trittico di Memling. Il riallestimento degli Uffizi del 1900 consentì di radunare quanto rimaneva di quella stagione di committenze fiorentine a scuole fiamminghe in una sala apposita della galleria.

Fu proprio il Trittico Portinari a portare il maggiore scompiglio nel mondo artistico dell’Italia centrale(14). Già in un’opera dell’anno successivo al suo arrivo a Firenze troviamo una citazione del suo vaso in vetro con fiori del primo piano in un dipinto di Luca Signorelli, una Madonna in trono e santi (Pala Vagnucci, 1484) ora nel Museo diocesano di Perugia. A Firenze, il naturalismo nordico e la pittura a olio avevano iniziato ad attecchire già nei decenni precedenti. Ma in qualche caso, come vedremo, è proprio il trittico di Van der Goes a essere citato in modo esplicito. In generale, a essere apprezzata dai pittori toscani è – oltre al naturalismo e all’attenzione all’espressività di gesti e volti – l’apertura paesaggistica di rocce, montagne, figure minute, con episodi di contorno che caratterizzano i fondali degli esempi fiamminghi, specie in Memling, ma anche in Van der Goes. Filippino Lippi, nel tondo con l’Annunziata (1483-1484, San Gimignano, Pinacoteca civica) riprende dall’opera di Hugo il dettaglio dei due viandanti (Maria e Giuseppe nel pannello sinistro del Trittico Portinari) che unisce a quello del personaggio che nello stesso dipinto (anta destra) chiede la strada per la capanna della Natività. Lo stesso artista manifesta tutta la sua convinta adesione ai caratteri fondamentali dei modi fiamminghi (e a quelli di Sandro Botticelli) nell’Adorazione dei magi degli Uffizi (1496), in cui troviamo la meticolosità dei dettagli, la varietà del paesaggio di fondo costellato di scene di contorno, la luce naturale e avvolgente. Echi delle fisionomie dei pastori del Trittico Portinari si trovano nella Caccia primitiva di Piero di Cosimo (1500-1505, New York, Metropolitan Museum of Art), nei volti “selvatici” di alcuni dei protagonisti della scena.


Ma uno degli casi più noti ed esemplari di un riferimento chiaro al trittico fiammingo è l’Adorazione dei pastori dipinta da Domenico Ghirlandaio per la cappella Sassetti nella chiesa fiorentina di Santa Trinita (1483-1485). E qui cogliamo subito il dato fondamentale dell’accoglienza riservata dai pittori fiorentini al lavoro dei colleghi fiamminghi. Avviene un’ibridazione, quasi un’addomesticamento, dei tratti più ruvidi e meno filtrati che emergono dall’approccio naturalistico tipicamente nordico. L’apporto idealizzante e il riferimento alla tradizione che rimanda a modelli classici è qui ovviamente più forte e convinto: la classicità di alcuni elementi del contesto (decorazioni, fregi, colonne, capitelli, sarcofagi) è più consapevole ed evocativa di modelli reali; il trattamento dei volti, l’insistenza su rughe, smorfie, imperfezioni è più sfumato e soprattutto riservato a categorie ben definite: i contadini e i pastori sono più “brutti” dei santi, o degli angeli; l’accentuazione delle espressioni è attenuata; il ritmo generale della composizione è meno concitato, più composto; la luce meno livida e cruda.