TERZO PERIODO: L’ARCHITETTO DIVINO,
ROMA (1534-1564)

«Come pittore e scultore era grande, ma come architetto davvero divino» 
Gian Lorenzo Bernini su Michelangelo

Michelangelo nel 1534 abbandonò per sempre Firenze per trasferirsi a Roma.
Dopo pochi anni dal suo arrivo, papa Paolo III incaricò l’artista della risistemazione della piazza del Campidoglio, facendo orientare il nuovo complesso urbano, simbolo del potere civico e politico romano, verso la basilica di San Pietro centro del potere spirituale. Grazie al genio urbanistico spaziale di Michelangelo i due cardini cittadini vennero unificati visivamente e concettualmente sotto il potere assoluto del papa.


Veduta aerea di piazza del Campidoglio a Roma.

Basilica di San Pietro
L’artista esaltò lo spazio trapezoidale della piazza formato dalle quinte murali degli edifici del Palazzo senatorio, del Palazzo dei conservatori e successivamente dalla creazione del Palazzo nuovo. Buonarroti usò un ordine di paraste gigante per unificare la scena architettonica come un’unica quinta monumentale a cui si accede da una scenografica “cordonata”.
Dopo la morte di Antonio da Sangallo il Giovane nel 1546, Michelangelo riceverà da Paolo III, come egli stesso scrive «contramia voglia»(27), la guida del cantiere di San Pietro e anche il completamento, con la costruzione del cornicione di facciata e il terzo piano del cortile, di palazzo Farnese. Dopo la nomina di Buonarroti a capo architetto di San Pietro, il quale affermava «io dico che non voglio che altri se ne impaccia si non io»(28), i membri della cosiddetta “setta sangallesca”, il gruppo di architetti associati al rinomato “studio” di Antonio da Sangallo il Giovane, si chiedevano se l’artista fosse in grado di guidare un complesso cantiere architettonico come quello vaticano. Michelangelo aveva più di settant’anni quando papa Paolo III gli chiese di rilevare il progetto, uno dei più impegnativi della sua lunga e leggendaria carriera. Nella sua età avanzata, il celebre artista non poteva scolpire o dipingere come una volta; ma poteva, anche se con difficoltà, disegnare, progettare, dirigere, discutere con gli operai e negoziare con i committenti. Con questo “set” di abilità, Michelangelo si reinventò completamente come architetto, lavorando senza usare le mani, pilotando il completamento di San Pietro e molti altri progetti romani.
Dal 1546 sino alla morte nel 1564, l’artista si dedicherà instancabilmente a portare a termine un’opera architettonica che, nella sua mente, lo avrebbe salvato per l’eternità: credeva di essere stato «messo da Dio»(29). Nel cantiere vaticano Michelangelo dimostrò anche grandi capacità manageriali e ingegneristiche, capendo, per esempio, l’importanza di avere sempre abbondanza d’acqua in cantiere, sia per le esigenze di costruzione che per quelle dei lavoratori. Fu in parte a causa di questa necessità che Buonarroti decise di aggiungere rampe elicoidali ai colossali contrafforti esterni della chiesa. Le rampe consentivano ai muli, che non temono le altezze, di trasportare in sicurezza materiali, acqua e cibo in tutto il cantiere(30).



Anonimo (scuola romana), Veduta della piazza del Campidoglio e della Cordonata a Roma (XVII secolo).


Lievin Cruyl, Veduta di piazza Farnese (1664), dalla serie Diciotto vedute di Roma; Cleveland, Cleveland Museum of Art.