PRIMO PERIODO:
TRA ROMA E FIRENZE (1505-1515)

Quando Michelangelo giunse a Roma nel marzo del 1505 era già preceduto dalla fama di grande scultore grazie soprattutto alle opere marmoree realizzate durante il primo soggiorno romano negli anni finali del Quattrocento, del Bacco commissionato dal cardinale Raffaele Riario e della Pietà comissionatagli dal cardinale francese Jean de Bilhères, come anche grazie alla realizzazione del gigantesco David in marmo di Carrara svettante a partire dal 1504 in piazza della Signoria a Firenze (oggi rimpiazzato da una copia, l’originale si trova sempre nel capoluogo fiorentino nella Galleria dell’Accademia). Probabilmente papa Giulio II, che in quel periodo portava avanti con Bramante la grandiosa fabbrica per la basilica di San Pietro, aveva in animo di trovare un posto adeguato nella nuova chiesa per la sua sepoltura.

Il primo progetto per la Tomba di Giulio II
Il papa non voleva una semplice tomba ad archivolto ma un monumento libero nei quattro lati, che secondo Vasari doveva «d’invenzione passasse ogni antica imperiale sepoltura»(6) e collocabile, senza per derne la grandiosità, nella nuova basilica di San Pietro. Giulio II voleva suggellare con la costruzione della sua sepoltura il suo personale lascito nella chiesa madre della cristianità.
Il percorso architettonico di Michelangelo ebbe inizio proprio con il progetto della tomba, quando l’artista aveva appena compiuto trent’anni. Un ruolo a favore dell’assegnazione di questa commissione lo avrebbe avuto anche l’esperto architetto Giuliano da Sangallo, il quale raccomandò Michelangelo per la realizzazione di un’opera che oltre a essere scultorea era anche architettonica.
Non essendo pervenuto a noi nessun contratto e disegno riferibile al progetto a quattro facciate della tomba, per tentare una ricostruzione del monumento bisogna attenersi alla descrizione di Condivi e Vasari, ma anche, come recentemente ipotizzato(7), all’architettura dipinta da Michelangelo nella Cappella sistina. La tomba «com’era il primo disegno» descritta da Condivi grazie alle precise indicazioni di Buonarroti era concepita come un’architettura classica, per dirla con Vasari un «tempio» dotato di una cella interna che qui si propone come circolare.
Nel progetto le statue «legate come prigioni»(8) si articolavano plasticamente quasi contorcendosi, sopra a esse correva una cornice che «legava tutta l’opera» come quella dipinta da Michelangelo nella volta sistina che correva intorno ai grandiosi troni delle sibille e dei profeti. Le statue sarebbero state più di quaranta, alle quali si sarebbero sommati altri rilievi marmorei e bassorilievi bronzei. Il progetto della tomba libera non vide mai la luce anche perché Giulio II, impegnato in dispendiose campagne militari in aggiunta alle ingenti spese per il succitato cantiere di San Pietro, aveva definitivamente virato per la ridecorazione del soffitto della cappella di famiglia, la Sistina.
Michelangelo, nel tentativo di farsi rimborsare e ulteriormente finanziare il reperimento e trasporto dei marmi da Carrara per la tomba, cercò invano udienza dal papa, che invece si negò in più di un’occasione in quanto, come Michelangelo venne a sapere, «non voleva spendere più»(9): a quel punto l’artista, frustrato dal comportamento di Giulio, fuggì da Roma per tornare in patria a Firenze.



Michelangelo e aiuti, tomba parietale di Giulio II (1545); Roma, San Pietro in Vincoli.


Ricostruzione virtuale della tomba libera di Giulio II, veduta prospettica (ricostruzione dell’autore).


Ricostruzione virtuale della tomba libera di Giulio II, prospetto laterale (ricostruzione dell’autore).