CERUTI RITRATTISTA

Quasi nulla sappiamo della formazione di Ceruti. Che essa si sia giocata nel segno di una solida dimestichezza con la pratica del ritratto sembra però un dato indiscutibile.

Francesco Frangi

Lo conferma la ricognizione dei giovanili anni bresciani del pittore (1721-1733 circa), scanditi da una costante predilezione per quel genere artistico di cui sono testimonianza, innanzitutto, alcune intense effigi dei personaggi delle famiglie più in vista della nobiltà locale. Spiccano tra queste il Ritratto di Giovan Maria Fenaroli, che con la sua data 1724 costituisce un punto di riferimento cruciale nella definizione del percorso precoce del pittore, e quelli di poco successivi dell’Abate Angelo Lechi, e di Giovanni Avogadro, entrambi conservati al Museo Lechi di Montichiari (Brescia). Si affiancano a questi esemplari i numerosi dipinti eseguiti negli stessi anni per la committenza della Val Camonica, teatro principale della coeva produzione di tema sacro del pittore. In quel caso a posare davanti a Ceruti sono non tanto gli esponenti del patriziato, quanto notabili e personalità di vertice delle amministrazioni locali, spesso in compagnia delle loro consorti, come nel pendant con i Coniugi Bonometti e in quello con i Coniugi Cattaneo, entrambi databili intorno al 1725(28). Osservato nel suo insieme, questo primo nucleo di opere riconducibile a personalità e contesti accertati ci colpisce per l’estrema essenzialità e per il carattere disadorno delle strategie di presentazione dei committenti. Nobili o meno che siano, gli effigiati sono tutti collocati contro fondali scuri privi di qualsiasi connotazione ambientale, nel segno di un rigoroso “understatement” assecondato dalle pose controllate, quasi bloccate, delle figure.



Due sorelle (1720-1725 circa), particolare; Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo.