IL CONFRONTO
CON VENEZIA E L’EUROPA

Il trasferimento di Ceruti a Venezia nel 1736 non ci coglie impreparati(36). Brescia, la città che lo aveva accolto favorendolo a lungo con ingaggi pubblici e privati, era territorio della Serenissima Repubblica e molti uomini di governo, militari, mercanti e diplomatici di stanza a Venezia la frequentavano.

Alessandro Morandotti

Il pittore, nella città lagunare, lavorava in modo costante per uno dei grandi committenti dell’epoca, il maresciallo Johann Matthias von der Schulenburg (1661-1747), di cui già Francis Haskell, nel suo classico libro Mecenati e pittori (prima edizione italiana, 1966), aveva intercettato il ruolo di grande promotore delle arti nella Venezia della prima metà del Settecento. I libri cassa del militare scandiscono gli interventi del pittore lungo il corso del 1736 e vi si trovano documentati scene di vita popolare, ritratti ma anche soggetti insoliti rispetto a quanto in precedenza attestato nella sua produzione, come quadri di natura morta e paesaggi.

Trovare il nome di Ceruti nell’inventario del 1738 stilato da Piazzetta accanto a quelli dello stesso pittore veneziano, di Sebastiano Ricci, di Antonio Balestra, di Pittoni, di grandi ritrattisti come Antoine Pesne, Hyacinthe Rigaud e Nicolas de Largillière è un segnale di un nuovo clima in cui Ceruti si era trovato a operare. Mina Gregori, alla quale si deve l’identificazione delle più significative opere di Ceruti già Schulenburg, considera giustamente quell’esperienza del pittore alla stregua di una svolta nella sua carriera artistica(37). Ce ne rendiamo subito conto di fronte al rinnovato repertorio dei quadri pauperistici, costruiti con un’organizzazione spaziale più calibrata e con una nuova, intensa luminosità lontana dalle tonalità smorzate riscontrabili nelle scene di pochi anni più antiche. La tela del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid con i Tre pitocchi, dipinto già Schulenburg di qualità indimenticabile, si spiega non tanto, o non solo, con l’ideale confronto con le opere dei fratelli Le Nain, artisti ai quali il dipinto è stato a lungo attribuito, ma soprattutto con la condivisione delle scelte cromatiche di Piazzetta: i bianchi, gli ocra caldi e freddi, tendenti al grigio, colori non insoliti nella scabra tavolozza di Ceruti, assumono ora un’accensione luministica nuova che è quel- Busto di giovane la di molte opere di Piazzetta, non solo di quelle destinate al collezionismo privato. Di formato più ridotto rispetto alle scene popolari già Avogadro(38), il quadro Thyssen è risolto in un inedito formato verticale che attribuisce solennità “sacrale” alla scena, e restituisce bene nel misurato e silente dialogo tra le figure l’empatia con i ceti diseredati, propria al committente, di cui è nota la generosa e costante attività di assistenza agli indigenti, oltre che consueta nelle opere del pittore grazie alle sue scelte di stile; è lo stesso sguardo compassionevole e caritativo che viene offerto da due altre celebri opere già Schulenburg, la Colazione dei poveri di ubicazione ignota e la Famiglia di contadini di Glynde Place. Poco dopo, tra 1737 e 1738, Ceruti ottiene la consacrazione pubblica nella seconda città per importanza della Repubblica di Venezia, realizzando per l’illustre cantiere della basilica del Santo di Padova una pala d’altare di colore squillante e di una ordinata magniloquenza compositiva mai vista prima nella sua produzione di storia sacra, sempre prospetticamente un poco fragile e impacciata. Il San Prosdocimo battezza santa Giustina andava a collocarsi accanto alle coeve pale di Antonio Balestra, Giambattista Pittoni, Antonio Pellegrini e Giambattista Tiepolo, a qualificare il contesto in cui Ceruti venne accolto, in virtù forse della raccomandazione di qualche membro laico della congregazione della Veneranda arca di Sant’Antonio. Le accensioni cromatiche, il tono di pasta di porcellana dei carnati così caratteristico di molte opere dell’estrema maturità di Ceruti non tradiscono però il carattere lombardo dell’autore, per la declinazione ritrattistica e la monumentalità severa delle figure, solidi monoliti dal registro espressivo grave. Ceruti, con una spregiudicata libertà evidentemente ben accetta ai committenti, si autoritrae lungo i margini della pala, con un atteggiamento austero che è quello che lo caratterizza nell’Autoritratto in veste di pellegrino di Abano Terme, eseguito pressoché negli stessi anni.



Tre pitocchi (1736); Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza.


Giocatori di carte (1745-1750 circa); Raleigh, North Carolina Museum of Art.