Un giovane artigiano Ultimo di quattro figli, Alessandro Botticelli nasce a Firenze, in borgo Ognissanti, nel 1445. n una denunzia (o, come si diceva allora, «portata») dei redditi catastali del febbraio 1458, la famiglia del pittore appare composta dal padre Mariano di Vanni d’Amedeo Filipepi (nato nel 1393), dalla madre Smeralda (nata nel 1405) e dai fratelli Giovanni (nato nel 1421), Antonio (nato nel 1433) e Simone (nato nel 1444) . Il padre, conciapelli, si era trasferito dal «popolo» di Santa Croce a quello di Santa Maria Novella nel 1433. Sembra che la presenza nel quartiere del torrente Mugnone, che scorreva parallelo al borgo e sfociava in Arno nei pressi di Prato d’Ognissanti, permettesse ai residenti della zona di esercitare la concia del cuoiame e le attività derivate. Lo stesso Mariano teneva bottega «a pie’ del ponte a Santa Trinita», nel poco distante quartiere di Santo Spirito. All’epoca in cui il documento veniva redatto, i Filipepi si erano da poco trasferiti in via della Vigna Nuova, affittandovi una casa da Niccolò di Pancrazio Rucellai per la somma di 11 fiorini l’anno; Mariano aveva un debito di 124 fiorini nei confronti di ser Giovanni di Paolo e si apprestava a mandare il figlio Simone in missione a Napoli con Paolo Rucellai, fratello del primo e anche lui commerciante in tessuti. Degli altri figli di Mariano, Giovanni, il primogenito, era sensale al Monte; Antonio, secondogenito, era orefice di professione. I (1) È la stessa denunzia a informarci che, a quella data, il tredicenne Sandro «sta allegere [o “allegare”] ed è malsano». Alcuni ravvisano nell’espressione – da intendersi come “sta a leggere” – una conferma degli studi cui il ragazzo attendeva ancora in quel periodo; per altri l’espressione – corretta in “sta a legare” – starebbe a indicare la precisa mansione (legatore di gioie) svolta da Sandro nell’ambito di un ipotizzato tirocinio di bottega. L’ipotesi è normalmente associata a una notizia, riferita dal Vasari, secondo cui il pittore avrebbe frequentato da giovane la bottega di un orefice, amico del padre, «chiamato Botticello, assai competente maestro allora in quell’arte». La critica ha solitamente respinto questa possibilità, non essendoci pervenuta alcuna memoria, diretta o indiretta, di un artefice con tale appellativo; il discusso soprannome sembra essere stato piuttosto coniato per Giovanni Filipepi, che nella denunzia del 1458 risulta già ufficialmente «vochato Botticello », o per lo stesso Antonio, al quale era naturale che il giovane esordiente venisse affiancato. Con tutta probabilità Sandro aiutò per qualche tempo nella bottega del fratello orefice, compiendovi un breve tirocinio ed ereditando per sé il nomignolo, che sarebbe in seguito passato a designare tutti i membri maschi della famiglia. Il ricordo di questo remoto apprendistato familiare sarebbe poi passato confusamente nei dati raccolti dal Vasari. L’esperienza artigianale, conclusa nel volgere di pochi anni, lascerà un’impronta riconoscibile nel piglio scattante e nervoso delle prime esercitazioni di ambito lippesco o verrocchiesco, non diversamente da quanto una simile formazione aveva fatto per la creatività di artisti come il Ghiberti, Donatello, Michelozzo e, in tempi più recenti, il Pollaiolo e il Verrocchio. Nel caso del Botticelli, tuttavia, l’avvio alla professione avvenne sul filo di una più consapevole spinta vocazionale, maturata nell’incontro con la pittura di Filippo Lippi a Prato. Agente esterno di questo incontro – compiutosi, come spiega il Vasari, nella logica di quella tradizione di scambi che caratterizzava il regime consorziale delle attività di bottega – fu forse la conoscenza dei Vespucci, facoltosi esponenti del ceto notarile e nuovi vicini di Mariano Filipepi da quando questi, ritiratosi dalla professione nel 1460, si era stabilito a partire dal 1464 nella proprietà di via Nuova (oggi del Porcellana), dove lo stesso Botticelli dimorerà e lavorerà continuativamente dal 1470 fino alla morte. In più di un’occasione i Vespucci si dimostrarono protettori influenti del Botticelli, procurandogli amicizie e commissioni fino a tarda età: fu forse il patrocinio della grande famiglia a spingere Mariano ad assecondare le inclinazioni del figlio, nutrite dalla frequentazione assidua dei tanti circoli umanistici attivi intorno alle botteghe d’arte. L’analisi stilistica del debutto pittorico di Sandro tende a datare verso il 1464 l’ingresso del giovane nella prestigiosa scuola del carmelitano Filippo Lippi. Note Per la documentazione archivistica l’opera fondamentale è H. P. Horne, Alessandro Filipepi, Commonly Called Sandro Botticelli, Painter of Florence, Londra 1908 1908 (ed. Firenze 1986-1987), che pubblica in appendice copiosi estratti di documenti, ristampati pressoché integralmente in R. Lightbown, Sandro Botticelli, 2 voll., Londra 1978. (1) Madonna col Bambino e un angelo (1465); Firenze, MUDI - Museo degli Innocenti. Filippo Lippi, Madonna col Bambino e angeli (1464-1465); Firenze, Galleria degli Uffizi. Madonna della loggia (1468); Firenze, Galleria degli Uffizi. Madonna del roseto (1468); Parigi, Musée du Louvre. Madonna della loggia (1468); Firenze, Galleria degli Uffizi. Madonna del roseto (1468); Parigi, Musée du Louvre. Madonna col Bambino e due angeli (1468-1469); Napoli, Museo di Capodimonte. Nella sparsa produzione devozionale del secondo Quattrocento fiorentino, è possibile isolare un gruppo di pitture di soggetto mariano dove, fra i caratteri di un lippismo esteriore e sclerotizzato, si apprezza un crescente sforzo di chiarificazione strutturale. Nel loro insieme, le opere testimoniano un’ineguale padronanza del patrimonio tecnico e iconografico trasmesso dal Lippi, e una discontinua capacità di penetrazione del suo mondo poetico. Ciononostante, è possibile cogliere in esse i segni di un laborioso processo di maturazione, che porterà il Botticelli ad abbandonare negli anni successivi l’accurato mimetismo degli esordi, in cerca di spazi sempre maggiori di autonomia espressiva. dell’Ospedale degli Innocenti (1465), dove la lezione lippesca domina incontrastata, può essere considerato il primo documento ragionevolmente sicuro della maniera iniziale di Sandro. L’impianto e i minimi dettagli figurali ripetono senza originalità la felice invenzione del Lippi agli Uffizi (1464-1465), limitandosi a verificare la tenuta dello schema di gruppo nella spoglia ambientazione di un interno domestico. La contemporanea di Washington (1464-1465) ripropone – con la variante dell’angelo aggiunto alle spalle del Bambino – lo schema tripartito della composizione precedente, ma con quella oscillazione qualitativa che ha indotto parte della critica a contestare l’iniziale attribuzione avanzata dal Berenson. In questo lavoro e nei successivi, la serializzazione delle coordinate figurative si spiega con il successo sociale di una formula che, pur vecchia di un decennio, aderiva perfettamente alle valenze sentimentali del tema nei gusti di una committenza moderatamente progressista, interessata alla diffusione di un’arte in grado di proporsi come strumento di una moderna pietà religiosa. Nella del Museo Fesch di Ajaccio l’impostazione scorciata di tante tavole lippesche è adeguata alla rappresentazione a figura intera della Madre con il Figlio; anche la grafia appuntita dell’anziano maestro si scioglie qui in un linearismo più sciolto e costruttivo, che forse già risente degli esempi del Verrocchio e del Pollaiolo. La Madonna col Bambino e un angelo Madonna col Bambino e due angeli Madonna col Bambino e un angelo La componente verrocchiesca appare pienamente assimilata due anni dopo, quando Sandro dipinge un secondo gruppo di quadri raffiguranti la (1468 circa, Firenze, Galleria dell’Accademia; 1468, Londra, National Gallery; 1468-1469, Napoli, Museo di Capodimonte) dove i protagonisti dell’immagine si dispongono prospetticamente davanti al limite frontale, albertianamente teorizzato come “finestra”, guidando lo sviluppo in profondità della composizione per piani scalari, impreziosita dalle raffinatezze di una condotta formale che attinge le qualità del cesello. La sottigliezza del segno non attenua il rigore della costruzione spaziale: negli esemplari di Londra e di Napoli, l’arcata a tutto sesto e la quinta architettonica che si addentrano nel fondo chiariscono la volumetria del cubo ideale in cui è calata l’immagine, manifestando nella convergenza degli assi prospettici l’unità strutturale del visibile, dello spazio fittizio della figurazione come di quello ontologico della realtà a essa esterna. Inserti architettonici in analoga funzione si riscontrano anche in altre composizioni del periodo, come la agli Uffizi (1468), nota nella duplice variante Epstein (intorno al 1468, Chicago Art Institute) e Duveen (1468 circa, Norton Simon Foundation, Los Angeles County Museum). Madonna col Bambino e angeli Madonna della loggia La concezione del piano-limite della rappresentazione come piano prospettico di mediazione fra entità spaziali equivalenti, dove realtà teorica e realtà empirica si confrontano e si compenetrano in condizioni di equilibrio dialettico, corrisponde ai connotati che il problema aveva assunto nella riflessione fiorentina del decennio precedente. L’assimilazione del pensiero matematico è implicita, in questi anni, persino in un genere necessariamente particolaristico come il ritratto: nel a Pitti (1469) il punto d’orizzonte è molto basso, di modo che la figura graviti nel primo piano e l’inclinazione dei raggi centrici sembri coincidere con l’obliquità dello sguardo, diretto dall’alto verso il basso; i volumi, larghi e come spianati dalla doppia incidenza luminosa, conservano una qualità plastica, non ancora dissolta nell’astratto ricorso al flusso lineare. Ritratto di giovane La medesima problematica si ripropone – con la sola mutazione dei termini architettonici in naturalistici – nella al Louvre (1468), nella di cherubini agli Uffizi (1469-1470) e nell’altra agli Uffizi, dove lo sguancio prospettico che inquadra la composizione costituisce il diretto precedente del seggio architravato della , ponendone l’esecuzione come prossima al 1470. Madonna del roseto Madonna col Bambino in gloria Madonna del roseto Fortezza Ritratto di giovane (1469); Firenze, palazzo Pitti, Galleria Palatina. Madonna col Bambino in gloria di cherubini (1469-1470); Firenze, Galleria degli Uffizi. Madonna del roseto (1470); Firenze, Galleria degli Uffizi.