GLI ANNI DEL DECLINO,
L’INTERNAMENTO, LA MORTE

In una serie di lettere a Eugène Blot, Camille si lamenta della situazione finanziaria e manifesta la paura che le sue sculture vengano copiate, che la sua immagine (usata da Rodin per la scultura della Francia) sia stata diffusa in cartolina per iniziativa del maestro a sua insaputa, e che egli mandi suoi emissari per spiarla e copiare le sue idee.

Lo spettro di Rodin amato e odiato si fa sempre più strada nella mente ottenebrata di Camille; la mancata fusione in bronzo dell’Età matura è attribuita al boicottaggio del maestro ed è il motivo cruciale del continuo risentimento della scultrice.

Ciò nonostante, quando lo Stato le propone la commissione di una nuova statua a suo piacimento, Camille sceglie il tema della Niobide ferita che inconsciamente ricalca modelli rodiniani, quali la Meditazione modellata dallo scultore sull’idea della Dannata nella Porta dell’Inferno, come se per Camille fosse una resa al sentimento più forte del risentimento. Ma la sua è un’eroina ferita a morte e l’amore è il suo assassino. Le vicende della sua commessa, della sua fusione in bronzo e dei suoi rapporti con lo Stato committente denunciano ancora l’ossessione di un’intromissione di Rodin incomprensibile, e di un atteggiamento belligerante di Camille che denuncia la sua aggressività sempre più preoccupante. È significativa l’accettazione da parte dello Stato di un soggetto come la Niobide, una donna sola, sconfitta e morente, interessante per la sua sensualità, scolpita da una donna che si autopunisce per la sua intraprendenza.

Il suo anticonformismo, il suo isolamento rispetto alla buona società, e la sua sfida alle convenzioni borghesi sembravano confermati dall’abitudine che aveva Camille di invitare gente incontrata per strada per festeggiare qualche commessa con lo champagne, per poi ricadere nello stato di povertà e isolamento che emerge anche nell’intervista di Asselin. La mancanza di soldi e la fatica di vivere sola e braccata dai creditori esasperano la situazione: in una lettera alla moglie del cugino Henry Thierry per la sua morte, Camille confessa che per la rabbia di non avere più soldi per pagare l’affitto ha gettato nel fuoco tutti i bozzetti in cera e i busti che valevano almeno diecimila franchi e che ora il suo studio è una montagna di calcinacci, un autentico sacrificio umano! La sua mania di persecuzione l’ha spinta, per proteggersi da Rodin e dalla sua banda, a mettere catene di sicurezza, chiavistelli e trappole dietro tutte le porte.