LA RIABILITAZIONE

«C’è sempre qualcosa di assente che mi tormenta… ». Così Camille Claudel scriveva a Rodin, cercando di capire l’origine di quel vuoto, di quel buco nero nella sua psiche, provocato in realtà, come osserverà Lacan, dall’assenza dell’affetto materno, con la conseguente fame di amore, di assoluto che rivolgeva fin da piccola proprio alla madre terra, alla creta raccolta vicino a casa, modellata con furia, con ardore, per esprimere la sua volontà di affermazione: un disperato bisogno di essere riconosciuta, amata.


Se in vita questo non le è riuscito, o non quanto Camille avrebbe voluto e meritato, in compenso il tempo ha rimesso le cose a posto, come aveva predetto Eugène Blot, l’ultimo mecenate della scultrice, appassionato collezionista e amico sincero. In effetti, a partire dalla mostra del 1951, presentata dal fratello Paul al Musée Rodin di Parigi, c’è stato un progressivo riconoscimento dell’arte di Camille, non solo della sua autenticità rispetto a Rodin, ma anche della sua partecipazione al rinnovamento dell’arte, con la sua adesione inconscia al movimento dell’Art Nouveau di cui Il valzer è il manifesto, e al tempo stesso del coincidere della sua ricerca naturalistica con la riscoperta del quotidiano da parte degli impressionisti. La storia di questa sfortunata artista, le sue conquiste e le sue sconfitte, la sua fine infelice hanno coinvolto i suoi ammiratori. Nel 1956 la trasmissione televisiva La vita dolorosa di Camille Claudel scultore, frutto dell’intervista di Henry Asselin, commosse fortemente il pubblico suscitando l’interesse che fu poi riacceso nel 1982 dall’uscita del libro Une femme: Nom Claudel, Prénom Camille, Sculpteur scritto da Anne Delbée, tradotto in molte lingue e di grande successo negli anni della riscoperta delle donne artiste da parte del femminismo. Anche la nipote di Camille, Reine Marie Paris, nel 1984 le dedicò un libro nel quale ricostruiva la storia della famiglia e della sua vita, per poi redigere il catalogo ragionato delle sue opere, edito nel 2000. Fu poi la volta di un altro biografo, Jacques Cassar, che scrisse nel 1987 Dossier Camille, con un’ampia documentazione e in appendice saggi di Paul Claudel e Mathias Morhardt. Del 2000 è il catalogo ragionato delle opere di Camille a cura di Anne Rivière, Bruno Gaudichon e Daniele Ghanassia, con una ricca documentazione fotografica, a cui hanno fatto seguito le esposizioni al Musée Rodin del 2003 e del 2008 e la mostra itinerante Claudel et Rodin la rencontre de deux destins nelle città di Québec, Detroit e Martigny, a cura di Antoinette Normand Romain (2005). Nel 2003 la pubblicazione della Corrispondenza, a cura di Anne Rivière e Bruno Gaudichon, riaccende l’interesse per la scultrice e la sua vita privata che già nel film Camille Claudel del 1988 per la regia di Bruno Nuytten era stata narrata con la bravissima Isabelle Adjani nella parte di Camille, affiancata da Gérard Depardieu nelle vesti di Rodin: una pellicola che riscosse un grande successo e l’onore del premio César. Fece seguito nel 2013 un altro film (Camille Claudel 1915), regia di Bruno Dumont, denso di pathos, interpretato da Juliette Binoche e centrato sulla vita di Camille nel manicomio di Montdevergues a Montfavet (Avignone).

 
Proprio qui, nel centro ospedaliero di Montfavet, nel 2013, è anche stata organizzata la mostra Camille Claudel, de la grâce à l’exil. La femme, la folie, la création con il catalogo di Mireille Tissier che sottolinea l’aspetto psicanalitico della vita e dell’opera di Claudel. In Italia non sono mancate le esposizioni, come per esempio Cami l le Claudel. Anatomie della vita interiore, tenutasi a Reggio Emilia nel 2003; degno di menzione è poi il convegno Camille Claudel scultore: un’identità problematica, tra arte e follia indetto a Firenze nel 2012 dall’International Association for Art and Psycology.
Nel 2014 il Musée Rodin ha dedicato alla sfortunata scultrice una mostra per il settantesimo anniversario della morte dal titolo Camille Claudel sort de ses réserves, con venti opere dell’artista. La vita e l’arte di Camille Claudel hanno anche ispirato il teatro: in Italia, nel 1995, Dacia Maraini le ha dedicato due atti dal titolo Camille e nel 2017 il monologo Moi di Chiara Pasetti, ispirato alla Corrispondenza dell’artista, è stato presentato a Varese. Nel 2018 un altro monologo, Camille Claudel di Vera Gargoni, ha conquistato la scena alla Versiliana a Marina di Pietrasanta (Lucca), replicato poi nel 2019 a Campiglia Marittima (Livorno) e a Pescia (Pistoia). A Firenze, nel 2022, è stato presentato nello spazio delle Murate uno spettacolo intitolato Camille viaggio nell’anima, a cura di Anna Cuomo, con Anna, Luisa e Rosaria Corcione, che ha fatto rivivere la spiritualità profonda dell’arte di Camille Claudel. Il museo di Nogentsur- Seine, città natale di Alfred Boucher, che lo aveva inaugurato, è stato ampliato nel 2017 e intitolato a Camille Claudel di cui raccoglie numerose opere organizzando iniziative volte a ricordare la sua figura.