il nostro artista ha bruciato quasi tutte le sue cartucce. Lontane sono le mirabili e innovative sperimentazioni
dei due decenni precedenti, egli si adatta più che altro a una pratica insistita del ritratto, facendo posare personaggi illustri e donne legate alla
sua vita sentimentale, non di rado anche a scopo di lucro, includendo nell’elenco anche figure femminili incontrate per caso ma ricche di fascino.
Passiamo in rassegna alcuni di questi esiti, per i quali comunque egli non rinuncia certo a fare ricorso ai suoi tipici epiteti che per lui sono ormai
come un marchio di garanzia, e anche un accesso alla rinomanza finalmente acquista. Ecco per esempio un “arrangement”, termine per lui quasi
irrinunciabile, in onore di un critico, Théodore Duret, che sta seguendo l’affermarsi dell’ondata impressionista, verso cui, a dire il vero, Whistler
mantenne una certa ritrosia, come di un compagno di via della prima ora, ma poi allontanatosi per battere strade in proprio. Naturalmente non mancano
le anch’esse consuete qualifiche cromatiche che ci parlano per quel ritratto, detto in francese, di un “couleur chair”, ma subito compensato, per non
cedere troppo alla sensualità, da un austero “noir” (1883- 1884, New York, Metropolitan Museum of Art). In genere, in tutta questa produzione domina
l’asse verticale che quasi prende sotto la sua tutela le persone ritratte e le allunga alquanto oltre il naturale, conferendo loro un supplemento di
eleganza. Notevole una Armonia in rosso, luce di lampada (1884-1885, Glasgow, Hunterian Art Gallery), in quanto è il ritratto dell’unica
donna che James abbia mai sposato, Beatrice Godwin, già vedova dell’architetto Philip Godwin, a cui l’artista aveva chiesto di progettargli una dimora
a Londra, il che aveva originato una profonda amicizia tra i due interrotta solo dalla scomparsa di Godwin, inducendo poi Whistler a sposare Beatrice,
da lui familiarmente soprannominata Trixie. Quando questa scomparve per grave malattia, lasciò il nostro artista nella tristezza e nello scoramento,
anche perché egli non aveva mai voluto avere accanto a sé i due figli naturali avuti dalle relazioni con Louisa Hanson, di breve durata, e poi con
un’altra compagna frequentata per più tempo, Maud Franklin. Certo questa sua trascuratezza nei confronti dei figli ci lascia sconcertati, ma a quei
tempi era prassi abbastanza comune, in nome di un maschilismo imperante, di cui il primo a darne prova era stato, un secolo prima, perfino il grande
filosofo francese Henri Rousseau. Ritornando ai dipinti dedicati a persone famose e no, abbiamo un Arrangiamento in nero e oro, dedicato al
conte Robert de Montesquiou (1891-1892, New York, Frick Collection), il favoloso ispiratore del romanzo À rebours di Karl-Joris Huysmans, maestro di
eccentricità e raffinatezza, di dandysmo in tutto degno dell’insegnamento baudelairiano. Per essere pari a tanto personaggio il pittore ha spremuto le
meningi, ne ha ricavato un allungamento da animale di razza, svettante da un capo all’altro della tela, a occuparne un perfetto asse mediano, col nero
riversato a piene mani per dare risalto al volto, nonché alla breve porzione di candido sparato emergente dalla scollatura, e anche a un guanto, unica
propaggine del corpo altrimenti inghiottito per intero nelle tenebre.
